Un filo tra le dita, una magia è l’arte antica del macramè

Annodano filo su filo con infinita pazienza per dare vita a meravigliose creazioni: borse, centro tavola, decorazioni per asciugamani e tovaglie e perfino sandali, collane e orecchini. Parlano trevigiano le principesse del macramè, guidate da Giovanna Ceccato. Lei abita a Villorba, pochi chilometri fuori Treviso e nel suo gruppo, una ventina di donne appassionate, c’è chi macina chilometri pur di non perdere l’appuntamento settimanale. Per le donne del “Macramedame” il merletto non è solo un hobby ma significa storia, tradizione, confidenze, amicizia, tempo trascorso insieme e soprattutto tanto relax. «Il macramè è ipnotico, le mani si muovono e la mente si svuota» racconta Giovanna che ha imparato questa antica tecnica dalla suocera argentina.
la prima lezione
Non in Italia, dove era diffusa secoli fa, ma in Sudamerica. «Vent’anni fa ho seguito mio marito in Argentina in visita alla sua famiglia, lì sono rimasta incantata di fronte a questa meraviglia e ho voluto imparare». Il suo non è un caso isolato, nei blog dedicati al merletto sono tante le persone che dicono d’averlo riscoperto all’estero, proprio dalle famiglie migranti che ne hanno conservato con cura la tradizione. Oggi il macramè registra in tutto il mondo un crescendo di appassionati e domenica scorsa si è celebrata la giornata internazionale dedicata quello che in inglese chiamano “lace” e che in Italia vantava manufatti di eccezionale pregio. A Venezia e soprattutto a Burano si possono ancora oggi vedere le donne intente ad intrecciare i fili, ma la tecnica usata è perlopiù il tombolo o anche il chiacchierino. Entrambi usano i fuselli di legno per aiutare l’intreccio mentre il macramè è formato da piccoli nodi intrecciati a mano, senza altri supporti. Ci vogliono anni per imparare bene ma il gruppo trevigiano vanta una guida d’eccezione. Lo scorso maggio Giovanna Ceccato è stata premiata a Castelgomberto, in provincia di Vicenza dove si svolge una prestigiosa manifestazione riservata agli appassionati e dove si può visitare il Museo permanente del merletto. La villorbese ha convinto i giurati con la sua Mi Cocca, un pendaglio per collana costituito da una deliziosa bambolina. La testa è in maiolica dipinta, ricavata da una fuseruola De Ruta (erano palline usate per fermare i fusi), l’abito in elegante macramè. Un’evoluzione sicuramente non prevista dai marinai arabi che si tramanda portarono la tecnica fino a Genova; da qui il macramè spopolò in Italia e nel resto del mondo. Il termine deriva dalla parola araba “migramah” che significa frangia ed era quella che decorava le selle dei cammelli. I marinai la adottarono per realizzare vari nodi con cui legare le cime e condurre le vele.
Nodi marinai
«In realtà noi facciamo ancora molti nodi da marinaio come lo Josephine» raccontano le merlettaie trevigiane che snocciolano le varie possibilità di combinazione utili a realizzare i disegni “fieschi”, “warda” o “punto tulle”. Tutti intricati e bellissimi. Domenica a Villorba nel parco di Villa Giovannina nella Giornata internazionale del merletto hanno offerto un assaggio di ciò che sanno fare, con gli occhi fissi sul cuscinotto imbottito dove il macramè viene intessuto. Un lato fissato da spilli colorati, l’altro con i fili volanti che mani abilissime srotolano a destra e sinistra. Per finire un centrino ci vogliono mesi, anche perché si lavora qualche ora al giorno per non rovinare gli occhi, e quando si può in compagnia. Si lavora e si parla, si lavora e si racconta, si lavora e ci si rasserena l’anima in una sorta di movimento meditativo. Il frutto sono bellissimi asciugamani, tende e pannelli personalizzati, dove ciascuna infonde un pezzetto di sé. Tra gli oggetti che più incuriosiscono ci sono le coffe siciliane, le borse in paglia usate un tempo dai contadini per portarsi nei campi vino, pane e formaggio. Oggi vanno di moda e le grandi firme le vendono a due-tre mila euro l’una. Le donne, mani di fata, ne fanno di più belle, rivestite internamente e abbellite di macramè colorati, non prodotti industriali, ma creazioni uniche. Il guaio è che difficilmente se ne separano. Chissà se le ritroveremo in vendita ai prossimi mercatini di settembre, alla Madonnetta di Arcade o alla rotonda di Badoere.
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