Una gravidanza segreta in Marocco Paese diviso tra modernità e tradizione

In Marocco l’articolo 490 del codice penale punisce anche con un anno di reclusione le relazioni sessuali fuori dal matrimonio. E ogni giorno, in Marocco, circa 150 donne partoriscono clandestinamente: è quello che accade anche a Sofia, vent’anni, di Casablanca, borghesia del centro, che durante un pranzo di famiglia accusa un malore. Incinta, partorisce grazie alla complicità della cugina, specializzanda in oncologia. Ma l’ospedale le dà 24 ore di tempo per rintracciare il padre prima di avvisare le autorità. Non potendo nascondere la cosa ai familiari, Sofia e Lena si recano con le rispettive madri nella casa del ragazzo - che si chiama Omar e vive in un quartiere popolare - e qui viene intavolata una contrattazione che dovrà portare a un matrimonio riparatore. Il contrasto tra le classi sociali e i diversi e reciproci interessi delle persone sveleranno un finale ricco di egoismi, in cui nessuno è migliore degli altri. La regista di “Sofia” è l’esordiente Meryem Benm’Barek. Marocchina cresciuta in Belgio, dedica uno sguardo critico alla vicenda, osservata in modo spietato. La commedia umana che viene tratteggiata non ha latitudini: è Marocco, ma potrebbe essere ovunque. Il contrasto tra povertà e ricchezza è anche quello tra modernità e tradizione, in cui il rifiuto all’integrazione parte dal basso.
Il film traduce bene in immagini questo dissidio in cui le donne, fedeli a un matriarcato di stampo mediterraneo, prendono il sopravvento sulle figure maschili, eteree, sconfitte o perdute. Sono le donne a risolvere la questione in modo trasversale tra le due famiglie, con sfrontatezza, ma anche con decisione. Anche per la stessa Sofia, un po’ sgraziata e introversa, sempre a patire la dimensione superiore della cugina e della zia, rampanti, belle e dalla personalità sicura. La gravidanza nascosta e il recupero dell’onore perduto costituiranno per lei un percorso di emancipazione. “Sofia”, film della critica di marzo, ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura nella sezione “Un certain regard” a Cannes 2018. —
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