Vail: «Guggenheim, 2019 nel segno di Peggy»

Le mostre per ricordarla a 40 anni dalla morte. Tornano i dipinti di Hélion e Vordemberge-Gildewart
Interpress/Mazzega Venezia09.06.2017.- Karole P.B. Vail nuova direttrice della Fondazione Peggy Guggenheim
Interpress/Mazzega Venezia09.06.2017.- Karole P.B. Vail nuova direttrice della Fondazione Peggy Guggenheim

«Vivrei di carciofi». Gli occhi di Karole Vail, nipote della mecenate e direttrice della Collezione Peggy Guggenheim, a Venezia, si illuminano al pensiero di una delle prelibatezze primaverili dell’isola di Sant’Erasmo. «Peggy ha vissuto qui per 30 anni» ricorda «e la sua impronta è veramente presente. È stata lei a scegliere di rimanere e aprire alla città la sua collezione in modo molto generoso». La nipote quasi un anno fa è tornata in laguna, dove era stata durante l’infanzia, chiamata a “governare” la Collezione, secondo direttore dalla sua fondazione dopo la guida per 37 anni di Philip Rylands. «A Venezia è bello perdersi», dice. Sono stati mesi in cui ha continuato la strada della tessitura dei rapporti con le altre istituzioni lagunari, ha assaporato il gusto di vedere la Collezione inanellare oltre 427 mila visitatori, ha portato alcune novità sul piano della disposizione dei dipinti nelle sale - tutti gli undici Pollock sono assieme -, ha sorriso davanti ai quadri surrealisti che da piccola le facevano paura («Peccato che oggi non possa più dormire lì!»). Ha anche ripensato al momento della proposta di passare da New York a Venezia e dice «è stata la scelta giusta». È da poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale che i destini della città lagunare e dei Guggenheim si incrociano, dallo sbarco di Peggy, in arrivo da oltreoceano con un carico di opere mai viste da presentare negli spazi del Padiglione greco nella Biennale del ’48. Dal 25 maggio, quel momento tornerà idealmente a rivivere con una mostra «gioiello, che vuole essere un omaggio alla Biennale e a Peggy che arriva a Venezia». Sarà una sorpresa, con il ritorno in laguna di dipinti che poi hanno preso altre strade, come le opere di Jean Hélion o Friedrich Vordemberge-Gildewart donate al Museo di Tel-Aviv. Una esposizione - in contemporanea con quella dedicata a Josef Albers e ai suoi viaggi in Messico - chiamata a fare da apripista alla sequenza di iniziative in cantiere per il 2019, anniversario dei 40 anni dalla scomparsa di Peggy. «La nostra attività» dice «è sempre legata al suo nome e alla sua opera, ma sarà l’occasione per approfondire la conoscenza e la visione della sua collezione». Le opere permanenti di una donazione ricevuta nel 2012 verranno spostate temporaneamente nell’area delle mostre temporanee e la barchessa del Palazzo accoglierà una più ampia presentazione dei lavori raccolti da Peggy fino al ’45 - per un certo periodo ne acquistava uno al giorno e in casa entravano nomi come Brancusi, Léger e de Chirico - con i maestri del cubismo, del surrealismo e dell’astrattismo. A fine anno, la seconda parte dell’omaggio alla mecenate riguarderà i lavori acquisiti dopo il suo arrivo in laguna, e sarà il tempo di Tancredi, Vedova, Santomaso e dell’arte cinetica. Quasi a «intermezzo», durante l’estate, una mostra dedicata a Jean Arp, il primo artista entrato a far parte della Collezione. Mostre che saranno il «palcoscenico» delle scelte di una collezionista che sapeva rischiare, che guardava al talento artistico, andando al di là del mercato.

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