«Venezia è vetrina ma solo Milano fa mercato d’arte»

Incontro con Cristiano De Lorenzo managing director per l’Italia di Christie’s

«Venezia è una vetrina per gli eventi, che anche noi curiamo per la nostra clientela, ma la “piazza” per il mercato dell’arte moderna e contemporanea è solo Milano». A parlare è Cristiano De Lorenzo, Managing Director per l’Italia di Christie’s, la più grande casa d’aste al mondo, con circa 250 anni di vita. E che pure in laguna ha un “affaccio” indiretto privilegiato, visto che François Pinault - proprietario di Christie’s ha qui aperto due sedi della sua collezione d’arte contemporanea come Punta della Dogana e Palazzo Grassi.

Dottor De Lorenzo, Venezia è unanimemente considerata una capitale dell’arte e anche un crocevia del mercato internazionale, in particolare durante la Biennale. Eppure né Christie’s, né altre case d’asta sono presenti e quelle che c’erano - come ad esempio Semenzato e Finarte - hanno chiuso da tempo. Come mai?

«Noi a Venezia manteniamo un ufficio di rappresentanza e la riteniamo importante, non solo per la presenza di monsieur Pinault con la sua collezione, ma anche perché organizziamo qui eventi specifici per i nostri clienti, come visite guidate alle mostre o dinner. Ma per quanto riguarda il mercato puntiamo solo su Milano e anche la sede di Roma - che pure è stata la prima ad essere aperta da Christie’s in Italia - è ora solo un ufficio di rappresentanza. Ormai siamo concentrati soprattutto sull’arte moderna e contemporanea».

Che momento è questo per le quotazioni dell’arte italiana moderna e contemporanea secondo le rilevazioni di Christie’s?

«Un momento molto favorevole, con una crescita delle quotazioni e una clientela che ormai è soprattutto straniera, mentre in precedenza riguardava soprattutto i collezionisti italiani. Alla Frieze Art Fair che organizziamo ogni ottobre a Londra, la prima asta dedicata solo all’arte italiana del dopoguerra alcuni anni fa avevamo “movimentato” solo 5 milioni di dollari; lo scorso anno siamo arrivati a 43 milioni».

Chi c’è ai vertici di questa “hit parade” dell’arte italiana del dopoguerra? Chi sono gli artisti più venduti e con le quotazioni più alte?

«Innanzitutto Lucio Fontana, che è sempre molto richiesto anche oltreoceano. Ma anche Piero Manzoni e in generale i protagonisti dell’Arte Povera. Michelangelo Pistoletto, Pino Pascali, Alighiero Boetti. Anche le quotazioni di Alberto Burri sono alte. Nella recente asta della collezione Rockfeller, si è raggiunto anche il record della quotazione per un dipinto di Giorgio Morandi, fino adoggi valutato tra i 2 e i 3 milioni dollari. Una Natura Morta del 1940, di forma ovale, è stata infatti “battuta” a 4 milioni e 300 mila dollari».

Com’è attualmente la risposta del mercato per due grandi artisti veneziani del secondo dopoguerra come Emilio Vedova e Zoran Music?

«Vedova ha un ottimo mercato, ma soprattutto per le opere del suo periodo storico, più che per quelle dell’ultimo decennio di attività. Music è invece ancora poco rappresentato nelle aste internazionali e ha un mercato soprattutto italiano, nonostante sia un grande artista come dimostra anche la mostra in corso a Palazzo Fortuny».

E facendo un salto all’indietro nel tempo, come sono le quotazioni per i vedutisti veneziani settecenteschi?

«Sono sempre altissime. Non appena va all’asta un Canaletto un Bellotto o un Guardi, i prezzi schizzano sempre più in alto».

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