Legale Poggi, lo Stato non difende la verità che ha accertato

'Mai individuato tipo d'arma usata, tesi procura un po' confusa'

(ANSA) - MILANO, 18 MAG - "Lo Stato ai Poggi ha consegnato la verità, ma oggi quella verità non la difende": l'avvocato Gian Luigi Tizzoni legale dei genitori di Chiara, uccisa nella loro villetta di Garlasco il 13 agosto 2007, in una intervista al Fatto quotidiano torna a ribadire la correttezza della condanna di Alberto Stasi ora che la Procura di Pavia, che ha "una tesi un po' confusa", ha indagato Andrea Sempio. Per quanto riguarda gli oggetti trovati dragando un canale a Tromello, Tizzoni ha detto di non sapersi esprimere "sull'attendibilità di questo ritrovamento, peraltro pilotato". Ma di certo dopo anni in acqua non si potrà trovare dna "ed è abbastanza certo che non si potrà individuarlo come arma del delitto". Arma di cui "non è mai stato neanche individuato il tipo" anche se non era un attizzatoio perché l'oggetto usato per uccidere Chiara era "abbastanza corto". "Rimane una testimonianza che parte da un cimitero dove non è sepolta Chiara Poggi" che non ha la tomba a Garlasco "che passa per un supertestimone che avrebbe sentito da altri morti". C'è poi la questione del dna, prelevato a Sempio, ma "Alberto Stasi non è stato condannato per il dna sotto le unghie di Chiara". E non possono essere collocate sulla scena altre persone perché "lo dicono le fotografie delle macchie di sangue. L'autore dell'omicidio - ribadisce - è una persona sola" e su questo "non c'è mai stato il minimo dubbio" come è certo che "l'aggressore indossa una scarpa numero 42. C'è un margine di mezzo centimetro". Sempio "non può aver concorso, né essere l'autore perché porta una taglia 44 di scarpe, non ha bici nere. A casa sua non è stato trovato un pedale col dna della vittima sulla bici dopo averlo scambiato". E quindi "chi vuole mettere in discussione questi elementi certi dovrà avere la forza di confrontarsi con perizie e consulenze a profusione che sostengono dati oggettivi e che vanno accettati come tali, a prescindere dalle responsabilità di Stasi. Dopo revisioni, denunce archiviate, un ricorso alla Cedu, un ricorso straordinario in Cassazione, si legge che i Poggi non vogliono la verità". "L'hanno cercata per sette anni nelle aule, partecipando a tutte le udienze, ascoltando i periti in maniera dolorosa. E' imbarazzante e ci si sente anche un po' soli: lo Stato ai Poggi - ha concluso - ha consegnato la verità, ma oggi quella verità non la difende". (ANSA).

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