Sopravvissuta alla strage di Mestre: «Vorrei incontrare il vigile del fuoco che mi ha salvata»
Kateryna Samoschenko, ucraina residente in una zona che ancora oggi è nel pieno della guerra, era sull'autobus che il 3 ottobre 2023 ha sfondato il guardail ed è volato dal cavalcavia di Mestre. Si è salvata miracolosamente

«Vorrei incontrare il vigile del fuoco che mi ha salvata».
Oggi ha 31 anni, è in attesa della protesi definitiva alla gamba e si sente in colpa per essere sopravvissuta, mentre le sue tre amiche sono tutte morte. Kateryna Samoschenko, ucraina residente in una zona che ancora oggi è nel pieno della guerra, era sull'autobus che il 3 ottobre 2023 ha sfondato il guardail ed è volato dal cavalcavia di Mestre prendendo fuoco e uccidendo 22 persone.
Lei si è salvata miracolosamente, forse - dicono i medici e gli esperti che ha visto in questi venti mesi - perché al momento dell'impatto era assopita. Ma la ricostruzione di quanto accaduto e di come si è salvata è solo all'inizio, perché lei non ricorda nulla. E il suo cervello si rifiuta di pensare a quel giorno. Eppure il dolore per la perdita dei suoi cari, la sta ancora divorando.
Ha passato cinque mesi in ospedale, a Padova, al Centro grandi ustionati, dove i medici l'hanno curata e hanno fatto il possibile per alleviare il suo dolore, sia quello fisico che quello che non si vede ma che si porta dentro. Purtroppo ha perso una gamba, amputata a causa delle ustioni diffuse nel corpo.
Sabato 21 giugno, grazie a una stampella, ha mostrato il suo volto alle tante persone che si trovavano al taglio del nastro, è salita sul palco dell'inaugurazione del Don Vecchi 9, per ringraziare Edoardo Rivola, il presidente del Prossimo, che dal giorno in cui è uscita dall'ospedale, si è occupato di lei, assieme alla volontaria della Protezione civile che non la lascia mai sola, e che l'ha presa sotto alla sua ala protettiva.
Oggi abita in una residenza della Caritas con la mamma, arrivata da Milano nei giorni più bui di quell'ottobre che ha segnato la città di Mestre. Non è più tornata in Ucraina, ha lo status di rifugiata. La sua è una storia di dolore e di rinascita.
Quel 3 ottobre, era al camping di Marghera con le amiche, loro l'avevano portata a Venezia per una breve vacanza, per farle tornare il sorriso dopo che il padre di Kateryna era morto in guerra. Ecco perché oggi, è seguita da un team di persone che la aiutano a metabolizzare l'accaduto, e tornare lentamente, alla vita.
La prima domanda che ha fatto, in Rianimazione quando si è svegliata, è stata che fine avessero fatto le sue amiche del cuore, quelle con le quali era arrivata e che quel giorno, erano nel campeggio con lei.
Adesso il sorriso sta tornando sul suo volto, nonostante le difficoltà: attende ancora il risarcimento e non sa quanto ancora ci vorrà per tornare a stare bene. «Vorrei incontrare chi mi ha salvata» ha detto «per ringraziarlo di persona per quello che ha fatto».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova