
Rapina, estorsione, sequestro di persona: scoperta rete criminale lungo la Rotta balcanica
Maxi operazione di polizia fra Italia (Trieste), Slovenia, Croazia e Bosnia. Gli indagati sono ritenuti, all’esito di articolate investigazioni dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste, parte integrante di un gruppo attivo nell’immigrazione irregolare clandestina
Una vasta operazione della Polizia di Stato è stata condotta dall’alba di ieri, 14 maggio, fino a tarda notte, congiuntamente dal Servizio Centrale Operativo e dalla Squadra Mobile di Trieste, nonché delle Polizie Slovena, Croata e Bosniaca, attivate dal Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia per il tramite degli uffici degli esperti per la sicurezza di Lubiana e Zagabria.
L’attività di Polizia è stata finalizzata all’esecuzione di una misura custodiale personale emessa, dal G.I.P. del Tribunale di Trieste, nei confronti di 7 individui, tutti di origine pakistana, ritenuti, all’esito di articolate investigazioni dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste, parte integrante di un gruppo criminale attivo nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina lungo la c.d. rotta balcanica. Gli indagati, oltre al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sono altresì ritenuti responsabili di plurimi episodi di rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione e lesioni aggravate.
Nel medesimo contesto investigato in corso di attività sono stati tratti in arresto nella flagranza del reato di sequestro di persona a scopo di estorsione ulteriori 2 soggetti di etnia pakistana e indagati in stato di libertà ulteriori 3 soggetti, tutti facenti parte del gruppo criminale.
L’origine delle indagini
Le indagini, svolte dagli agenti del Servizio Centrale Operativo e della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile giuliana, hanno avuto inizio nel febbraio del 2024 a seguito della denuncia sporta da un migrante irregolare di origine indiana, giunto clandestinamente assieme ad altri stranieri in Italia attraverso la rotta balcanica e precisamente attraversando clandestinamente i confini di Bosnia, Croazia, Slovenia e Italia guidati dai passeur attraverso sentieri boschivi.
Una volta giunto in Italia il migrante ed un suo connazionale rimasto ignoto, venivano invitati da uno dei passeur dell’organizzazione all’interno di un’abitazione sita in questa via Baiamonti, dove, ad attenderli, trovavano due cittadini pakistani regolari in Italia i quali li trattenevano a forza nella casa, sequestrandoli per due giorni.
Il sequestro
Nel contesto i due cittadini indiani subivano violenze fisiche e psichiche che gli stessi aguzzini documentavano con filmati, inviando poi i video ai familiari delle vittime stanziali in India e richiedendo per la loro liberazione la cifra di euro 2000.
Il versamento di denaro è stato poi accertato essere effettivamente avvenuto mediante il circuito di money transfer con più passaggi di denaro transitati in vari Stati (Pakistan-Francia-Italia) con l’indicazione di vari destinatari al fine di depistare eventuali controlli di Polizia. Il beneficiario finale delle somme corrisposte è risultato essere un cittadino straniero con regolare permesso di soggiorno e residente a Trieste.
Il gruppo criminale
Tale gravissimo episodio ha dato il via ad una serie di attività di indagini, dirette dalla DDA di Trieste, che hanno consentito, all’esito, di cristallizzare l’operatività, in ambito locale e lungo la rotta balcanica, di uno strutturato gruppo criminale pakistano attivo nel favoreggiamento e nella permanenza sul territorio nazionale di migranti irregolari. Le investigazioni, protrattesi per diversi mesi, hanno richiesto, oltre a molteplici servizi sul territorio, anche attività di natura tecnica (intercettazioni telefoniche, telematiche, ambientali e videoriprese) nonché un costante monitoraggio dei profili social in utilizzo agli indagati.
Operazioni transfrontaliere
Estremamente proficue ai fini del positivo risultato finale sono state anche le molteplici interlocuzioni e gli interscambi informativi con la Polizia Slovena e Croata. Proprio tali approfondimenti volti ad acquisire utili informazioni in ordine ad elementi di riscontro alle indagini in atto, hanno consentito poi all’Autorità Giudiziaria italiana di sintetizzare in Ordini di Indagine Europei una serie di richieste per la formale assunzione al procedimento degli elementi di prova raccolti dalle richiamate autorità estere in relazione ai soggetti indagati.
Nel corso delle attività oltre a numerosi episodi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sono stati acquisiti al procedimento elementi in ordine a gravi episodi di reato commessi da parte di appartenenti al sodalizio in esame, in questa giurisdizione e altrove, in danno sempre di migranti irregolari.
È infatti emerso come gli indagati, agendo in gruppo, anche nella zona confinaria di pertinenza della vicina Slovenia, erano soliti commettere rapine e sequestri di persona a scopo estorsivo, in danno di malcapitati migranti, dagli stessi prima condotti sino alla zona boschiva del confine Italiano-Sloveno.
Proprio gli approfondimenti investigativi della Polizia Criminale di Capodistria (SLO) verso tali fenomeni delittuosi hanno contribuito affinché, attraverso un proficuo interscambio info-investigativo, si riuscisse poi a ricostruire puntualmente l’organigramma del gruppo criminale investigato.
Sulla base delle operazioni tecniche, delle informazioni comunicate dal collaterale organo sloveno e, soprattutto, dagli esiti del costante ed accurato monitoraggio dei profili social di tutti gli stranieri emersi nel corso delle indagini, è stato verificato come i soggetti monitorati fossero, direttamente o per interposta persona, legati tra loro operando in un contesto delinquenziale in danno degli stessi stranieri che si erano a loro affidati per fare ingresso clandestinamente in Italia.
Le indagini
Le indagini nel corso dei mesi hanno consentito di ricostruire numerosi trasporti illegali di migranti di varia etnia (pakistana, nepalese, afghana, indiana) dai campi profughi della Bosnia, con particolare riguardo a quello della città di BHIAC verso l’Italia, attraverso i sentieri boschivi di Croazia e Slovenia con destinazione questo capoluogo.
È emerso inoltre come, nella città di Zagabria, i clandestini, venivano sistemati in diversi appartamenti dedicati (safe house), piuttosto che in hotel gestiti da soggetti compiacenti in attesa del successivo trasporto verso la Slovenia.
Qui, non appena oltrepassato il confine, i migranti venivano istruiti sul come farsi rintracciare dalla Polizia per essere poi accompagnati presso i centri profughi ubicati nella provincia di Lubiana, al cui interno stazionavano altri soggetti legati all’organizzazione criminale investigata il cui compito era quello di assistere i migranti per la prosecuzione del viaggio sino in Italia.
Il costo del viaggio
Il costo del viaggio variava dai 4000 ai 6000 euro a seconda della zona di partenza e dei mezzi utilizzati. A tal proposito, è stato accertato un episodio nel corso del quale tre cittadini indiani irregolari dopo avere preso contatti con un pakistano aderente al sodalizio, stabilmente radicato all’interno del campo profughi di Logatec (SLO), venivano informati da quest’ultimo su come raggiungere Trieste. Il passeur ha messo in contatto i migranti con due suoi connazionali stanziali a Trieste uno dei quali gli dava appuntamento in piazza Oberdan per poi accompagnarli presso un appartamento in via della Fabbrica dove, ad attenderli, c’era un secondo soggetto di etnia pakistana.
Giunti nell’appartamento i tre indiani venivano sequestrati sotto la minaccia di coltelli e picchiati brutalmente con schiaffi e calci, violenze che venivano, dagli aguzzini, documentate con video poi inviati ai familiari delle vittime per ottenere il pagamento del loro riscatto.
La denuncia
Nella circostanza, la tempestiva denuncia di un familiare dei tre malcapitati, giunta in città dalla Lombardia, ha consentito ad operatori del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Trieste di localizzare in breve termine l’immobile di interesse e quindi intervenire all’interno dell’abitazione interrompendo l’azione delittuosa e procedendo all’arresto in flagranza di reato dei due aguzzini.
All’esito delle complesse investigazioni il copioso materiale di rilevanza probatoria raccolto, compendiato in una puntuale informativa di reato redatta congiuntamente da personale del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e della Squadra Mobile di Trieste ha determinato il Gip del Tribunale di Trieste, sulla scorta delle richieste avanzate dal pm titolare del procedimento, ad emettere sette misure cautelari in carcere alle quali è stata data esecuzione nella giornata di ieri, mercoledì 14 maggio.
Due dei provvedimenti custodiali hanno visto quali destinatari soggetti localizzati in territorio estero entrambi destinatari di Mandato di Arresto Europeo richiesto dall’Autorità giudiziaria. italiana.
Uno di questi, ritenuto il terminale sloveno dell’organizzazione criminale, è stato tratto in arresto dalla Polizia Criminale di Capodistria all’interno del campo profughi Sloveno di Logatec.
Altro indagato, solito muoversi tra la Bosnia e la Croazia, ritenuto il passeur che instrada i clandestini dal campo profughi di Bihac (Bosnia) al confine croato-sloveno è tuttora attivamente ricercato dalle polizie Croata e Bosniaca. I restanti 5 destinatari dei provvedimenti custodiali sono stati rintracciati presso appartamenti siti in questo centro città.
Le perquisizioni
Durante il corso delle perquisizioni, a casa di uno dei destinatari dei provvedimenti, è stato altresì individuato un cittadino pakistano di circa 30 anni in possesso di sostanze stupefacenti del tipo marijuana e cocaina, arrestato in flagranza di reato.
Le perquisizioni hanno altresì permesso di acquisire al procedimento utile materiale probatorio, quali passamontagna, tirapugni e coltelli.
Si precisa – chiosa la nota della Questura – che il procedimento penale nei confronti degli indagati pende ancora nelle fasi delle indagini preliminari, e che le loro responsabilità effettive saranno vagliate nel corso del successivo processo e che non verranno fornite le generalità degli indagati né elementi per la loro identificazione.
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