Un cardinale che arriva dall’America e attento al digitale, il veggente: «Ecco come ho predetto il nome Leone XIV»
Il bellunese Vincenzo Agostini ha indovinato prima come si sarebbe chiamato il Papa: «Lo abbiamo pensato seguendo la fede che può relazionarsi con la modernità e lo sviluppo delle tecnologie»

«Il lunedì di Pasqua ero con mio figlio in visita ad un antico monastero ortodosso. Quando mi ha raggiunto la notizia della morte di Papa Francesco, riflettendo con mio figlio, alla luce dell’esperienza spirituale che stavamo facendo, ci siamo convinti che il futuro papa si sarebbe chiamato Leone, un pontefice di ricucitura tra i cattolici e gli ortodossi».
E quindi Leone XIV, essendoci già stato Leone XIII?
«Proprio così», risponde Vincenzo Agostini di Belluno. «Quando poi, nell’omelia di una messa ai Novendiali abbiamo sentito un nostro amico chiedere scusa a Prevost, ci siamo detti: questo cardinale che arriva dall’America, sarà il ponte che tenterà di ricucire la frattura. Questa ed altre lacerazioni».
L’imprenditore appassionato di storia delle religioni
Agostini è un imprenditore poco meno che settantenne. Conduce una distilleria a Caorera nel Bellunese, “Le Crode”.
«Siamo sempre nel mondo dello “spirito”», sorride Agostini. «Mi appassiona la storia, quella delle religioni in particolare. E ci sono stati grandi Papi di nome Leone, anche santi. Papi che hanno fatto la storia, come colui che ha appunto scritto l’enciclica Rerum Novarum, che ha dato avvio alla dottrina sociale della Chiesa. Dopo Francesco, che ha segnato la discontinuità lanciando i ponti, adesso è necessario un Papa che completi le fondamenta di questi ponti», afferma.
L’illuminazione nel monastero del monte Athos
La riflessione di Agostino e di suo figlio è incominciata, per la verità, il giorno di Pasqua, trascorrendo la festività in un primo monastero del monte Athos. «Possono entrare solo 100 visitatori al giorno, di cui solo 10 cattolici. Il monaco Mosè, al termine delle pratiche religiose, ci ha invitato in biblioteca per una riflessione che ci ha condotto a ritenere come sia irreversibile la strada dell’unità fra cristiani», racconta Vicenzo.
«Il giorno dopo, presso il secondo monastero, ci raggiunge la notizia della morte di Francesco. È evidente che ci siamo subito chiesti chi poteva essere il ponti-fex della ricucitura dello strappo consumato a Nicea, dopo il famoso Concilio. Qui ci vuole un papa leone. Magari un Leone XIV, ci siamo detti».
Guarda caso, Prevost potrebbe essere proprio lui a recarsi in Turchia, questo mese per il 1700° anniversario del Concilio di Nicea, dove appunto si è verificata la grande rottura.
Un Papa di pensiero robusto
«A un nuovo papa Leone ho pensato non solo in chiave ecumenica, ma anche di pensiero robusto, sulla fede. E su come la pratica e la testimonianza della fede possono relazionarsi con la modernità, l’intelligenza artificiale, lo sviluppo ipertecnologico. E il Prevost che dalla settimana scorsa era diventato il mio Leone XIV, in queste ore mi ha confermato che proprio lui è la persona individuata dallo Spirito santo per questo momento. Le sue prime parole sulla pace fondata nel Risorto e l’omelia ai cardinale di questa mattina (ieri per chi legge, ndr), con la Chiesa come faro che illumina le notti del mondo, ma anche quell’invito a sparire perché rimanga Cristo, rispondono proprio alle esigenze che abbiamo avvertito nella loro indispensabilità immergendoci nella spiritualità del monte Athos».
Niente Intelligenza artificiale
Il 9 maggio Agostini, avendo ammesso di aver individuato quanto meno il nome del nuovo Papa in una lettera ad un giornale nazionale, è stato raggiunto dai giornalisti per spiegare se anche lui aveva fatto ricorso all’algoritmo.
«Assolutamente no», assicura Agostini. «Basta guardarsi intorno, senza il paraocchi, con atteggiamento laico e, magari, conoscere un po’ di storia per capire chi, in questo caso nella Chiesa, ha saputo dare le grandi risposte. La Rerum Novarum non è forse l’enciclica più storica, quella più strategica per la stessa dottrina sociale? ». —
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