A Padova la base per l’export della cosca

Le vendite di agrumi in Romania al centro della strategia del clan Piromalli. Che aveva escluso Milano: troppo scomodo
BARON-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-ESTERNI AZIENDA ORTO PIAZZOLLA. ESTERNI
BARON-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-ESTERNI AZIENDA ORTO PIAZZOLLA. ESTERNI

PADOVA. Agli uomini del clan non bastava aver messo le mani sul mercato ortofrutticolo di Milano fino ad assumerne, di fatto, il controllo. Volevano di più. E per questo la ’ndrangheta ha messo gli occhi su Padova e sulla rete della grande distribuzione del Nordest. Padova come piattaforma logistica perfetta per i piani di espansione all’estero degli affari. Romania, in primis, ma anche in Danimarca. Impensabile, per via dei costi, gestire tali traffici da Milano. Serviva una base d’appoggio su Padova e in tal senso il clan Piromalli, la potente cosca di Gioia Tauro, ha lavorato affondando le radici sul nostro territorio e facendo germogliare gli affari sotto la regia di Alessandro Pronesti, l’uomo di fiducia del boss Antonio Piromalli. Dal decreto di fermo della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria emerge in modo netto la scelta strategica del clan: la città del Santo come base per esportare agrumi all’Est. E i risultati, prima del blitz di giovedì dei carabinieri del Ros che ha portato a 33 arresti e sequestri di beni per 40 milioni, confermavano la bontà della scelta.

Grazie ai contatti di Pronesti la cosca gettava, nel 2015, le basi per il business in Romania. La richiesta potenziale risultava addirittura più alta delle aspettative. «Un camion al giorno (di clementine o arance, ndr) ... Io gli ho detto che un camion al giorno non glielo posso assicurare, gli ho detto i due i tre camion a settimana». Viste le potenzialità, Pronesti iniziava a ragionare con il capo, Antonio Piromalli, di logistica e spese. «Il percorso di quello che avevi detto tu, in Romania ... scomodo» dice Piromalli, parlando con Pronesti, rispetto alla possibilità di utilizzare Milano (dove è basata la OrtoPiazzolla) come punto di scambio dei camion in arrivo dalla Calabria e dalla Romania. Per questo l’uomo di fiducia del boss prendeva in considerazione la possibilità di affittare un piazzale ma alla fine la soluzione arrivava dal contatto romeno. «Fare i carichi a Milano? ... Incide un po’ di più il trasporto ...» dice Pronesti intercettato. Ma un tale Daniele proponeva: «Da Padova penso di sì ... non c’è problema tanto se compri bene ... sì, 400 chilometri ... cioè contano poco».A novembre del 2015 le parti concordavano un carico di prova. Pronesti: «Il carico lo facciamo arrivare all’Interpatavium» una società a responsabilità limitata attiva nel settore dei trasporti e con sede in zona industriale. La prova, però, non dava i risultati attesi, la merce arrivata a Padova veniva giudicata di cattiva qualità e quindi non trasferibile in Romania. Per questo Pronesti si prodigava per verificare se a Padova vi fosse qualche cliente al quale piazzare la merce. «Dovevano caricarli stamattina a Padova ... Li ho fatti arrivare qui a Padova che doveva ritirarli un cliente estero ... Solo che è arrivato in ritardo il camion e l’altro doveva andare via e quindi mi sono detto giraglieli alla Polignannese». Piromalli va su tutte le furie con l’uomo di fiducia nella cooperativa dove si riforniva il clan: «Se ti rispetta il cane vuol dire che il padrone lo ha addomesticato per rispettarti, se non ti rispetta...». I problemi venivano, però, ben presto risolti con l’intervento di Francesco Cordì, uomo chiave anche nei rapporti del clan con le imprese del turismo.

Una doccia fredda, intanto, quella piovuta addosso all’imprenditrice padovana Caterina Fortunato, 42 anni: nella Original Trade Srl, nata per aprire un negozio con il marchio francese Jennifer al Pradamano Shopping Center (in provincia di Udine), il 33,3% era detenuto da Cinzia Ferro, milanese, compagna di Alessandro Pronesti, ambasciatore del capo-cosca della ’ndrangheta Antonio Piromalli. «Sono scioccata, ancora non mi sembra possibile. Non ho nulla da nascondere e nulla da temere. Sono entrata a far parte di questa società un anno e mezzo fa insieme a mia cognata, Valentina Carraro, e alla signora Ferro, che ho visto due volte in tutta la mia vita».

Matteo Marian

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