Aborto al settimo mese di gravidanzal'Ordine dei medici apre un'inchiesta
Il ginecologo Erich Cosmi, che sottopose la gestante ad un'ecografia alla ventiduesima settimana di gravidanza: "Non era emerso alcun profilo genetico sospetto". Intanto sono state acquisite dal pm Orietta Canova tutte le cartelle cliniche conservate in ospedale

Emergono due particolari a rendere ancor più drammatica la circostanza sull’aborto fuori tempo massimo provocato farmacologicamente dal ginecologo Guglielmo Serpotta su una trentenne che portava in grembo un bimbo di 26 settimane: dall’amiocentesi e dalla tac di secondo livello non erano emerse anomalie genetiche e nemmeno malformazioni fetali.
Intanto è arrivata sul tavolo del pm Orietta Canova l’intera documentazione clinica tesa a focalizzare le drammatiche sequenze di questa storia che vede protagonista una ragazza, figlia di un noto e stimato chirurgo padovano. Per capirne di più, abbiano parlato con Erich Cosmi, il ginecoloco della Clinica ostetrica di Padova che ha effettuato la Tac sulla paziente. «Ai primi di giugno, su segnalazione di un collega che seguiva la gestazione della giovane, sottoposi la signora ad un’ecografia di secondo livello quando si trovava a 22 settimane di gravidanza. Nulla di anomalo. Ma non era emerso alcun profilo genetico sospetto nemmeno dall’amiocentesi a cui la paziente si era sottoposta in precedenza. Pertanto le dissi di stare tranquilla».
Parole al vento. A rendere inquieta e tormentata la ragazza c’è probabilmente qualcos’altro. In ogni caso la gestante torna alla carica con il dottor Cosmi 20 giorni dopo. Ma lui in quel periodo è in viaggio di nozze. «Un giorno mi telefona sul cellulare il padre della ragazza. Dice d’essere un medico e chiede un nuovo controllo per la figlia. Gli spiego che la signora può benissimo farsi visitare fra tre settimane. Da quel giorno però nè lei nè suo padre si rifanno vivi con me».
A quel punto la ricostruzione degli eventi si fa nebulosa. Sembra che la gestante sia andata in una clinica di Bologna dove le avrebbero confermato la possibilità di una malformazione del feto. L’unico dato certo è che a metà luglio, accompagnata dal padre, si è rivolta al dottor Serpotta, uno dei pochi medici abortisti in una Divisione Ostetrica piena di obiettori di coscienza. E’ lui a iniettarle le prostaglandine, capaci d’indurre le contrazioni dell’utero fino a produrre il parto. Ma c’è un enigma: come mai la cartella clinica descrive una gravidanza alla ventiduesima settimana, quando invece dall’autopsia risulta che fosse già stata oltrepassata la venticinquesima? Di questo Serpotta, difeso dall’avvocato Lorenzo Locatelli, dovrà rendere conto all’autorità giudiziaria.
E non solo a quella. Anche l’Ordine dei Medici è sul chi vive. Ieri il presidente Maurizio Benato ha dato avvio ad un’indagine interna volta a valutare la posizione del ginecologo Serpotta: è già aperto un fascicolo a suo carico. «Sto predisponendo una richiesta di informativa da inviare sia alla direzione sanitaria dell’azienda ospedaliera che alla Procura della Repubblica. Ci faremo trasmettere quanti più documenti possibile per gettare luce su ciò che è accaduto in quella sala operatoria della divisione ostetrica. Valuteremo tutte le informazioni di cui entreremo in possesso».
Argomenti:sanità
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