Accoltellata mentre corre a Mogliano, l'aggressore era vicino di casa di Marta
Il passato da calciatore in parrocchia, poi le baby gang. L’arrestato era tra i ragazzi segnalati dalle forze dell’ordine in centro città per i disordini anti assembramenti. I dirigenti del calcio: «Con noi era educato»

MOGLIANO. Il suo volto non era nuovo alle forze dell’ordine, la sua storia nemmeno. Ha la carta d’identità di un minorenne, di un ragazzino o poco più, ma la fisicità di un uomo, già alto e robusto, sopra la media dei suoi coetanei. Lo descrivono così, nel quartiere, il giovane di 16 anni che è stato fermato dai carabinieri e arrestato come principale accusato dell’aggressione a Marta Novello.
È un “nero a metà” figlio di una giovane ragazza madre italiana, che ha vissuto per qualche tempo all’estero, delegando l’educazione e il sostentamento del figlio al nonno. Il padre, di origine centrafricana, non c’è mai stato. Lei ieri, contattata sotto casa, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione alla stampa, lasciando parlare il suo avvocato. Il figlio è attualmente detenuto nel carcere minorile di Santa Bona, con l’accusa di tentato omicidio.
I SOSPETTI
È bastato poco, alla gente del quartiere, per ipotizzare che fosse lui l’aggressore: in poche ore i sospetti sono diventati certezze, quando alcuni testimoni hanno visto le auto delle forze dell’ordine avvicinarsi al cancello d’ingresso della sua abitazione, a poche centinaia di metri da quella della famiglia Novello. Era lunedì sera, erano passate poche ore dall’accoltellamento e nelle chat già iniziava a rimbalzare il suo nome. La voglia di giustizia della piccola comunità brucia così le tappe, anche se dalle forze dell’ordine filtrano pochissime informazioni, col contagocce. Tutta la città, ieri mattina, già parlava del folle gesto di questo baby calciatore, passato probabilmente troppo in fretta dai campi della parrocchia alle cattive compagnie.
LE BABY GANG
Era dunque già noto, malgrado la giovane età, alle forze dell’ordine moglianesi. L’estate del 2020, sul fronte delle baby-gang in città è stata una delle più movimentate: risse, spaccio, si è arrivati anche a minacciare un ausiliario del traffico e a sputare sulle auto della polizia locale durante i controlli anti-assembramenti. Se la zona centrale è balzata alle cronache in più occasioni, più coperte sono le notti che queste giovani compagnie trascorrono in periferia, nei parchi, in via Ragusa, dietro alle piscine e ultimamente nell’area dietro al distretto sociosanitario.
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Dai controlli delle forze dell’ordine emerge il contesto dove il ragazzo stava formando la sua personalità. Sui social, come peraltro fanno tanti suoi coetanei, amava ritrarsi in pose da bullo. Cosa l’abbia indotto ad infliggere quei colpi a ripetizione ti sul corpo della ragazza, a rincorrerla in bici armato mentre lei si concedeva ad una semplice corsa dietro casa, rimane ancora il più grande dei misteri. LE TESTIMONIANZE
A chiederselo sono in molti, a partire dagli adulti: «Sono tornato a casa e a mezzanotte ho trovato mio figlio ancora sveglio» racconta un papà «era sotto shock, è stato lui a dirmi che tra gli amici circolava la notizia dell’arresto del loro vecchio amico. A volte lo abbiamo ospitato anche a casa. Era un ragazzo educato, non dava alcun segno di squilibrio, l’unica sensazione che abbiamo avuto, senza voler però esprimere giudizi, è che fosse un po’ abbandonato a se stesso».
Il refrain si ripete anche parlando con chi lo aveva seguito nella sua carriera di calciatore. Il presidente di una squadra del territorio lo descrive però come un ragazzo disciplinato: «Sono quelle cose della vita di cui è impossibile accorgersi in uno spogliatoio» racconta «non avremmo mai pensato di dover leggere notizie simili. Si è sempre comportato bene, si allenava con frequenza anche durante il periodo di quarantena, rispettando le normative anti-covid.
Ogni tanto arrivava in ritardo ma è normale. Veniva spesso il nonno a pagare la retta, altre volte la madre. Niente che potesse destare sospetti, siamo tutti pietrificati. Io l’ho salutato quattro giorni fa. Ha iniziato a giocare con la nostra squadra, poi è passata ad altre società ed è tornato. Per noi era uno di famiglia, quasi non ci crediamo».
I VICINI
«Siamo qui da pochi giorni» raccontano i vicini di casa «stiamo sistemando casa, non conosciamo ancora nessuno, abbiamo solo incontrato e salutato il nonno in qualche occasione. Domenica pomeriggio abbiamo sentito delle grida, non sappiamo da dove provenissero, era un litigio fortissimo, sentivamo urlare e sbattere le porte». Accadeva domenica pomeriggio, ventiquattrore prima del folle gesto, forse era un brutto presagio, come forse ce n’erano stati altri in passato.
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