Addio a Zampieri, braccio destro di Bisaglia

Dicono che quando arrivò nel Veneto la notizia della morte improvvisa di Toni Bisaglia, il 24 giugno 1984, Amedeo Zampieri, che era a Padova, partì in auto ma non per Santa Margherita Ligure, dov’era attraccato il “Rosalù”, la barca a vela dalla quale il potente ministro democristiano era caduto in mare, annegando. Zampieri si precipitò a Roma, in via Fontanella Borghese, dove Bisaglia aveva lo studio, per svuotare la cassaforte. Cosa ci sarà stato dentro? Segreti che l’ex capo della segreteria di Bisaglia si è portato nella tomba.
All’epoca il senatore rodigino controllava la corrente maggioritaria della Dc italiana, il portafoglio più gonfio di tessere era il suo. E parlava di fare una Dc veneta solo federata con quella nazionale, sull’esempio della Cdu bavarese con la Csu tedesca. Metteva in pericolo molte rendite di posizione, al punto da “spegnerlo” come diceva Machiavelli? Molti lo pensavano e lo pensano ancora oggi, salvo non avere uno straccio di prova. Solo misteriose coincidenze, la più sconcertante delle quali è la fine del fratello prete di Toni, don Mario Bisaglia, che indagava sulla sua morte e viene trovato suicida (o suicidato) in un lago vicino a Domegge nel 1992. Inchiesta giudiziaria chiusa e riaperta senza esito dal pm di Belluno.
Zampieri era un tipo riservato, poco appariscente ma volitivo nei discorsi. Laureato in economia e commercio, si portava a spasso una certa aria di sapere e non dire che aveva fatto nascere la leggenda metropolitana che avesse fatto il militare nei servizi segreti. Pare invece che fosse stato esonerato per debole costituzione, vera o presunta lasciamo stare, ma nel caso sicuramente grazie a Bisaglia, che all’epoca faceva da spalla a Mariano Rumor. Poi la spalla di Toni divenne una spallata che mandò in pensione il maestro. All’ombra dei grandi alberi non cresce niente, dice un proverbio: all’ombra di Toni cercavano di crescere Franco Cremonese, Maurizio Creuso, Lamberto Toscani e naturalmente Zampieri.
L’eredità politica andò invece a Carlo Bernini con il quale si era alleato Cremonese, rompendo il sodalizio. Gli altri tre si trovarono a viaggiare su un binario a scartamento ridotto. Il terzetto gestiva un’agenzia di assicurazioni in via Santa Lucia a Padova. Sede, guarda un po’, visitata dalla Guardia di Finanza nel 1991 perché un colonnello dell’esercito vi riceveva giovani che cercavano di scansare il servizio militare, pagando.
L’indagine riguardava il Distretto militare, i tre caddero dalle nuvole. Le cronache parlamentari citano Amedeo Zampieri per lo più in dibattiti sulle idrovie venete da completare. Erano gli anni di Mario Testa presidente della commissione trasporti, Carlo Fracanzani sottosegretario, Gianni De Michelis e Carlo Bernini ministri. Vite parallele della tanto vituperata prima repubblica, che almeno un pregio l’aveva: mandava in Parlamento gente preparata, oggi possiamo certificarlo.
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