Antonia Arslan «svegliata» dal coma. Le prime parole, i rischi, la speranza

I familiari con lei «Pensava di essere negli Usa dove avrebbe dovuto trovarsi in questi giorni». La prognosi è riservata
La scrittrice
La scrittrice
Sono stazionarie le condizioni della scrittrice Antonia Arslan, 71 anni, dal 13 aprile ricoverata in Rianimazione per setticemia con choc settico. E la prognosi rimane riservata. Ma «sembra aver imboccato la strada giusta verso l’uscita dal tunnel. Non ci resta che sperare e pregare», scrivono i familiari nel sito della scrittrice, la cui home page è stata trasformata in un diario-bollettino sanitario, quotidianamente aggiornato, e visitato da centinaia e centinaia di persone.


Dopo due giorni di graduale sospensione dei farmaci che la mantenevano in stato in coma, durante i quali Antonia ha cominciato a riappropriarsi di sé e ad esprimersi con cenni del capo, ieri ha ripreso conoscenza ed è stata «stubata»: solo una mascherina per l’ossigeno la aiuta nella respirazione.


Ha parlato ai familiari presenti, il marito Paolo Veronese e la figlia, ha risposto a domande su quali disturbi o fastidi sentisse e, come se questi tremendi giorni non ci fossero stati, credeva di trovarsi negli Stati Uniti. Dove, per l’appunto, avrebbe dovuto essere in questo periodo se un calcolo renale non le avesse appeso la vita a un filo, perforandole la parete dell’uretere e mandando in circolo una pericolosissima infezione. Uno stato confusionale atteso e normale, il suo, dopo quasi dieci giorni di coma indotto, che potrà protrarsi per altri giorni.


«E’ sempre grave ma gli organi riprendono a funzionare - dicono i familiari - L’infezione è ancora in corso e ora faranno prove di altre colture per verificare la presenza di un altro batterio finora non identificato. Poi dovrà subire l’intervento di asportazione del calcolo».


Non ora ma prima possibile, perché quel calcolo è continua fonte di infezione. Anche considerando che la sepsi è un nemico subdolo e che le complicazioni sono in agguato, spiega il professor Gianluca Alati, direttore della scuola di formazione della Croce Verde, da 40 anni specialista di anestestesia e rianimazione, primario a Padova, poi a Camposampiero. Parla in generale, non del caso specifico, e precisa che la sepsi è il modo con cui l’organismo risponde alle tossine interne dei germi che finiscono in circolo, ma danneggia gli organi interni. E il rischio è il Mof, ovvero Multiple organ failure. In questo stadio il pericolo c’è ancora, ma si aprono le speranze pur rimanendo nella massima prudenza.


Intanto le giornate del marito e della figlia di Antonia sono scandite dall’andirivieni casa-ospedale, due visite al giorno, e dallo squillare del telefono che porta loro l’affetto e la speranza di una quantità di persone.


E proprio in questi giorni, oggi, domani e domenica, anche Padova commemora il 94º anniversario del genocidio del popolo armeno (un milione e mezzo di persone eliminate). Quel genocidio che la scrittrice Arslan ha raccontato nel suo romanzo «La masseria delle allodole», premiato col Campiello nel 2004 e diventato film con la regia dei fratelli Taviani nel 2007.


L’anniversario sarà celebrato con varie iniziative, organizzate dal Comune e dall’associazione Italiarmenia, che ha sede appunto nella Casa di Cristallo in via Altinate, la «casa» letteraria abitata dalla cultura armena creata da Antonia Arslan, appunto.

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