Arrestato il ciclista Da Ros
Era in ritiro a Tencarola con la Nazionale dei pistard. L’accusa: corriere di sostanze illecite

«Mi hanno svegliato, con una telefonata alle 7.15, i carabinieri del Nas, avvertendomi che di lì a poco sarebbero arrivati in albergo. Mi hanno chiesto se Da Ros fosse con noi, ho risposto affermativamente, e alle 7.45 i militari si sono presentati a Tencarola (hotel La Piroga, ndr). Erano in due: avevano cercato inutilmente il ragazzo a casa sua, a Pordenone. A Gianni è stato consegnato in camera un atto del magistrato. Dopo mezz’ora mi sono informato e mi hanno comunicato che lo avrebbero arrestato. L’ho incrociato per pochi istanti, è sceso con uno zainetto, lasciando valigia e auto qui. Era distrutto. Immaginatevi lo sconcerto dei compagni». Un altro film già visto, la cronaca del c.t. della Nazionale italiana di ciclismo su pista Andrea Collinelli, relativa all’ordinanza di custodia cautelare notificata ieri mattina ad uno degli otto azzurri in ritiro a Padova in vista dei Mondiali in programma dal 25 al 29 marzo in Polonia: si tratta del professionista Gianni Da Ros, non ancora 23enne, tesserato per la Liquigas, che lo ha licenziato in tronco, così come un provvedimento di sospensione è stato preso dalla Federciclismo. Il giovane è iscritto alla Facoltà di Chimica dell’Università di Padova.
Oltre a Da Ros - in corsa per un posto nel quartetto dell’inseguimento a squadre - sono finite in carcere 11 persone. Ecco i loro nomi: Giovanni Paolo Facchi, 45 anni; Pierangelo Colelli, 40; Volodymyr Bushchyk, 41; Vito Angelo Guerrieri, 33; Davide Lucato, 29; Stefano Marchesi, 42; Fabrizio Pendesini e Leopoldo Romano, entrambi 37enni; Walter Vaghi, 41; Antonio Verde, 45. Dell’ultima non sono state rese note le generalità. Per una tredicesima il gip Andrea Pellegrino ha disposto solo l’obbligo di firma. Gli indagati sono più di 60, tra cui un ciclista dilettante, preparatori atletici, frequentatori di palestre e anche due transessuali. Decine le perquisizioni effettuate in quattro regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.
L’inchiesta chiamata «Muscoli & doping», coordinata dal Pm milanese Gianluca Prisco, ha preso il via un anno fa dopo un servizio televisivo delle «Iene», in cui si vedeva Matteo Viviani - uno dei protagonisti del programma - entrare in un negozio specializzato nella vendita di integratori, nella metropoli lombarda: un commesso (fra gli arrestati) era in grado di procurare e vendere, anche per 700 euro, sostanze dopanti. Grazie a pedinamenti e intercettazioni, definite «decisive» dal procuratore aggiunto Nicola Cerrato, è emerso uno spaccato di sportivi dilettanti e amatoriali, body builder e transessuali, consumatori abituali dei prodotti proibiti, provenienti da Paesi dell’Est europeo e anche dal Nord Africa.
Sul conto di Da Ros ci sarebbero riscontri inoppugnabili: si sarebbe prestato a fare da «corriere» dell’organizzazione, per consegne di anabolizzanti e altre sostanze illecite. In più avrebbe ceduto due confezioni di ormone della crescita ad un altro corridore con cui correva due anni fa e che è indagato. «In questa storia non c’entro nulla: mi hanno messo in mezzo a mia insaputa. Spiegherò tutto al giudice»: questo il tenore della telefonata fatta dal ciclista alla madre quando ha lasciato Padova. A riferirlo è stato il suo avvocato, Maurizio Mazzarella, di Pordenone. «Mio figlio - avrebbe commentato la signora Da Ros - va avanti solo a miele: se questo è doping...»
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