Attentato al Bataclan, la mamma di Valeria: «Il suo esempio vive in tanti giovani, in loro la sua stessa passione»

Cinque anni fa la strage terroristica in cui fu uccisa la ricercatrice veneziana. «Bello che ci siano tante iniziative dedicate a lei»

VENEZIA. «L’esempio di Valeria vive in tanti giovani. Ho molta fiducia nella generazione dei ragazzi che incontro».

Luciana Milani è la madre di Valeria Solesin, la ricercatrice veneziana vittima all’età di 28 anni, il 13 novembre del 2015, dell’attentato terroristico del Bataclan, a Parigi. Venerdì 13 novembre sarà il quinto anniversario della strage: quel giorno un commando armato di terroristi vicini all’Isis colpì in varie zone di Parigi, provocando 130 vittime. L’attacco più cruento al teatro Bataclan, in Boulevard Voltaire durante un concerto. Novanta vittime, di 26 nazionalità. Nel pubblico c’era anche Valeria Solesin, insieme al fidanzato e a due amici, che riuscirono a salvarsi. La famiglia Solesin, in questi cinque anni, ha tenuto accesa la memoria di Valeria, alla quale sono stati dedicati molti premi, borse di studio, convegni, aule studio. Valeria Solesin era a Parigi per il dottorato all’Istituto di Demografia dell’Università della Sorbona Parigi 1. I suoi studi riguardavano le ematiche di genere e l’importanza dell’occupazione femminile.

"Allez les filles, au travail!", è il titolo di uno dei suoi articoli, “Forza ragazze, mettetevi al lavoro!”. Un appello che non è rimasto inascoltato.

Luciana Milani, in questi anni lei ha partecipato a molte iniziative in memoria di Valeria, ha incontrato molti giovani, nelle scuole, nelle università. Che idea si è fatta di questi ragazzi?

«Io ho davvero molta fiducia nei ragazzi che ho incontrato in questi anni, sono come era Valeria. Vedo in loro molta energia, voglia di imparare, capacità di progettare il futuro e di scoprire il mondo. Se posso dire così, i ragazzi che ho incontrato hanno la stessa forza di volontà di Valeria, anche se lei certo adesso avrebbe qualche anno di più dei giovani che incontro».

Negli incontri con gli studenti che messaggio cerca di trasmettere? Parla di Europa, dedizione allo studio, della necessità di un dialogo tra religioni per ricucire le ferite del terrorismo.

«A essere sincera non credo di portare un messaggio particolare. In fondo è più semplice di quanto possa sembrare: io credo che l’importante sia fare bene il proprio lavoro, in qualsiasi campo lo si faccia, impegnarsi sempre nella vita quotidiana. E’ questo che fa la nostra famiglia, sono i valori che abbiamo trasmesso anche a Valeria».

Sono trascorsi 5 anni da quando sua figlia non c’è più, ma il suo nome vive in molte iniziative.

«Per noi familiari, questa viva memoria è bella. E’ bello che l’impegno di Valeria sia diventato un esempio per tanti giovani che dimostrano di credere in quello che credeva lei, a partire dall’importanza dell’occupazione femminile. Quel suo impegno, grazie alle iniziative che sono nate, è portato avanti da altri studenti e ricercatori».

Qual è stata la sua reazione di fronte ai nuovi feroci attentati che hanno coinvolto L’Europa e in modo particolare ancora la Francia?

«Provo orrore, e la vicenda più orribile, per la quale fatico a trovare un aggettivo adeguato, è quella che riguarda Samuel Paty, il professore decapitato. Un insegnante che, facendo il suo lavoro come molti bravi docenti, aveva deciso di aprire una discussione sulle vignette di Charlie Hebdo, ancorandola ai valori della Costituzione francese, e con tutto il tatto necessario».

Da docente che idea si è fatta?

«A me pare che la scuola non sia stata capace di difenderlo. Ci vuole una grande reazione per difendere e attrezzare la scuola di fronte a queste schegge impazzite, ci vuole una forte reazione contro il radicalismo islamico. Una reazione ispirata ai valori della Costituzione. Non è possibile ammettere, per esempio, che ci siano centri di indottrinamento isolati dal contesto sociale, che predicano l’odio. Di fronte a fatti del genere non si può non prendere posizione».

Il funerale di Valeria, in Piazza San Marco, fu una cerimonia laica con la partecipazione dei rappresentati di tutte le religioni.

«Il radicalismo islamico vuole dividere le comunità, crea fratture. Il dialogo tra religioni oggi è più che mai necessario per tenerle unite. Ma non per questo non possiamo non dare l’aggettivo islamico a un certo tipo di terrorismo, non è possibile rinunciare a capire. Non credo che in questo ci sia un pregiudizio dell’Occidente».

Domani saranno trascorsi 5 anni dall’attentato del Bataclan e dalla morte di Valeria Solesin. Come sarà la vostra giornata?

«Il dolore c’è ogni giorno, il sui ricordo è con noi tutti i giorni. Nella nostra famiglia preferiamo ricordarla in modo speciale il giorno del suo compleanno. C’è un contesto di amici che in questi anni non è mai mancato, siamo in contatto con amici e compagni di Valeria, qui a Venezia e in Italia, e anche a Parigi, ci fa piacere».

Tra le tante iniziative in memoria di Valeria, ce n’è una che le piace ricordare?

«L’intitolazione dell’Aula magna al liceo Benedetti, dove andava a scuola lei, e dove si rinnova ogni anno il progetto su donne e scienze, in cui in questi anni si sono alternate le professoresse della scuola, e i volontari di Emergency, associazione che Valeria sosteneva, che spiegano gli interventi possibili tra i malati di tutto il mondo proprio grazie al progresso scientifico. E poi le due aule dell’Università di Padova dedicate alla memoria di Valeria e Giulio Regeni».

Il giorno dell’intitolazione delle aule, a Padova, incontrò i genitori di Giulio Regeni.

«Un incontro molto toccante. Mi auguro che quei genitori abbiano giustizia, e che l’Italia faccia tutto il possibile per chiarire come è morto. I genitori di Giulio meritano la verità». —



 

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