Autonomia, così il Veneto incasserà il gettito Irpef e Iva per le 23 materie

Il residuo fiscale non si tocca e resta nelle casse del Mef Ma Zaia non dovrà più negoziare il gettito con il governo



Il pressing di Salvini, Zaia, Giorgetti e Fontana sul premier Conte e Di Maio perché portino in Consiglio dei ministri le tre intese sul federalismo entro il 15 febbraio viene dribblato senza alzare il tono dello scontro dai ministri grillini, ma ci sono due muri difficili da superare per la Lega: Toninelli non intende concedere alle regioni le “grandi reti di trasporto”, vale a dire le autostrade, le ferrovie e l’energia elettrica. E forti dubbi nutre anche il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, che sul trattamento dei rifiuti ha idee opposte rispetto a Zaia, Fontana e Bonaccini: il no totale ai termovalorizzatori resta invalicabile.

Chi non perde tempo in polemiche invece è Erika Stefani, convinta di arrivare al traguardo nel rispetto degli accordi. Per evitare la guerra del “Nord ricco che abbandona il Sud povero alle diseguaglianze”, il ministro ripete che al Mezzogiorno non verrà tolto un centesimo. E dice la verità in quanto si tratta di trasferire la spesa storica a saldo zero per lo Stato.

Quali sono i vantaggi, allora, per Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna? Lo scopriremo tra 6 anni, quando l’autonomia differenziata sarà a regime con i fabbisogni e i costi standard. Il punto cardine è uno solo: il residuo fiscale non si tocca e resta nelle casse del Mef. La sfida è legata all’efficienza e nasce dalla consapevolezza che la svolta avviata con la sanità debba essere allargata anche alle altre materie, in primis la pubblica istruzione. Cosa prevede la compartecipazione al gettito Irpef, Iva e Ires, inserita nel preaccordo del 28 febbraio 2018 già dal sottosegretario Bressa e dal governo Gentiloni? Nulla di rivoluzionario, ma introduce una modalità nuova nel rapporto tra Regioni e Stato in tema di fisco: i soldi delle tasse restano sul territorio. La Lega ha vinto la sua battaglia. Se il Pil cresce è un affare, se cala per una crisi simile a quella del 2008 o per qualche disastro meteo-ambientale si dovrà tirare la cinghia in nome dell’autarchia, perché il salvagente del Mef non c’è più.

La breccia è stata aperta nel 2000, con la riforma del titolo V della Costituzione che ha cambiato il meccanismo di finanziamento della sanità: per il 2019 sono previsti 8,7 miliardi nel bilancio del Veneto, 6 dei quali sono compartecipazione del gettito Iva del Veneto e altri 1,9 dall’Irap. Le Regioni del Sud che non hanno risorse sufficienti sono aiutate dal fondo di perequazione dopo il negoziato con il ministro della Salute. I tecnici dicono però che si è scelta una strada diversa per finanziare le 23 materie dell’autonomia.

L’ipotesi verso cui si sta orientando il governo con la compartecipazione ai tributi erariali prevede, come prima fase, il calcolo esatto del costo della competenza da trasferire con la devolution. Ciò garantisce alla regione la disponibilità delle risorse in cassa fin dal primo gennaio senza ricorrere alla trattativa con il governo. «Con entrate certe possiamo programmare la spesa e gli investimenti sulla base delle previsioni del nostro gettito fiscale», ha sempre detto Luca Zaia. Ora si passa delle parole ai fatti.

Materia per materia in queste settimane si sta identificando il costo sostenuto dallo Stato nelle tre Regioni per trasformarlo in una percentuale (decimi di compartecipazione) sul gettito dei tributi maturati. Se sono trasferite 20 persone si calcola il costo di quel personale, della gestione e affitto delle sedi da assegnare a Lombardia, Emilia e Veneto. Per essere ancora più chiari: se la somma delle spese dello Stato per ogni singola materia da trasferire in Veneto è pari al 40 per cento del gettito fiscale, a Zaia saranno attribuiti 4/10 di compartecipazione. Gli economisti del Cnr hanno calcolato un incremento di 3 miliardi del bilancio con il trasferimento delle 23 materie, ammesso che anche i 70 mila dipendenti della scuola passino dal Miur a Palazzo Balbi. Non sarà così: il ministro Bussetti ha stabilito che si possa istituire un ruolo dei docenti regionali limitato a quelli di nuova assunzione, con una graduatoria ad hoc.

Tirate le somme cosa cambia? Il Veneto con un Pil di 150-160 miliardi, ne versa 72 di tasse al Mef, dice la Cgia di Mestre, e ne regala 12 di residuo fiscale che diventano 3 al netto degli interessi sul debito pubblico. Con l’autonomia e la compartecipazione tributaria la musica non cambia: il surplus di Irpef e Iva finisce sempre a Roma. Meglio così. Perché in caso contrario vuol dire che il Veneto ha perso il suo primato nella qualità della vita e sta sprofondando verso la povertà, come la Calabria.



Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova