Bandiera veneta per legge multe a chi non la esporrà
Oggi in discussione la proposta leghista: vessillo di San Marco obbligatorio in tutti i luoghi pubblici «a tutela dell’identità popolare». Il Pd è contrario, M5S si asterrà

VENEZIA. Bandiera vecchia onor di capitano e la
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di turno è Silvia Rizzotto, prima firmataria del progetto di legge leghista che prevede, pena sanzioni, l’esposizione obbligatoria e permanente del vessillo di San Marco «in tutti edifici pubblici della regione e in quelli privati in determinate situazioni». La proposta, oggi in discussione all’assemblea di Palazzo Ferro-Fini, scandisce nel dettaglio i destinari del provvedimento: sedi regionali, Comuni, Province, Città metropolitana, consorzi e unioni di enti locali, comunità montane; ma anche scuole, ospedali e aziende sanitarie, seggi elettorali. Non solo luoghi pubblici, si diceva: «È fatto obbligo di apporre la bandiera del Veneto ogniqualvolta sia esposta quella della Repubblica e dell’Unione europea» e nessuna di queste «può essere posta al di sopra» di quella nostrana (ah, la piccola patria venetista); analogamente, chi realizza opere, beni o servizi «con il contributo anche parziale» della Regione dovrà apporvi lo «stemma» con il leone dell’evangelista. Sì, perché il progetto legislativo contempla un vero e proprio ventaglio di simboli: oltre alla bandiera e allo stemma, ci sono il gonfalone, la fascia trasversale rosso tiziano riservata al governatore e agli assessori per le grandi occasioni e il distintivo variopinto da sfoggiare all’occhiello dei consiglieri. Per chi sgarra, sanzioni amministrative varianti da 100 a mille euro, previste ammende anche in caso di negligenza nella manutenzione del drappo leonino che Palazzo Balbi, attigendo ad un budget specifico, fornirà a tutti i soggetti pubblici che ne facciano richiesta.
Che dire? Con il rispetto dovuto al simbolismo identitario, la questione non pare propriamente una priorità ma Rizzotto, trevigiana di Altivole e battagliera capogruppo della Lista Zaia, la difende a spada tratta dalle prevedibili critiche dell’aula: «Macché folklore e nostalgia, il nostro obiettivo è rivitalizzare il senso di appartenenza ad una civiltà millenaria e gloriosa quale è la veneta. La nostra bandiera non identifica soltanto un territorio ma soprattutto la storia, le tradizioni e le radici del suo popolo. È l’opposto dell’asservimento agli standard globali e seriali che mortificano l’identità e la cultura; di quest’ultima l’Unesco offre una definizione che trovo illuminante quando osserva che “non comprende solo l’arte e la letteratura ma anche i modi di vita, i diritti fondamentali degli esseri umani, i sistemi valoriali, le tradizioni e le credenza”. Ecco, mi piacerebbe che tutti i colleghi, al di là della casacca d’appartenenza, condividessero queste aspirazioni». Un auspicio che si scontra con le obiezioni annunciate dall’opposizione. «Non c’è sentimento più spontaneo e personale del senso d’identità», commenta Stefano Fracasso, speaker del Pd «e non capisco come si possa associarlo all’obbligo di esporre la pure rispettabilissima bandiera della Regione, che appartiene a tutti noi ma non può diventare una clava da brandire a scopo di consenso. Impossibile non notare che questo provvedimento arriva nell’imminenza di un referendum sull’autonomia già gravato da intenti propagandistici, perciò siamo orientati ad esprimere voto contrario». Scontata e compatta l’adesione dei consiglieri leghisti - in primis il presidente del consiglio Roberto Ciambetti che ha sottoscritto il progetto - e degli alleati di centrodestra; più critica la valutazione del M5S: «Condividiamo la difesa dell’identità dei popoli dal globalismo imperante che mercifica tutto», le parole di Manuel Brusco «però rifiutiamo l’approccio della Lega che cavalca ogni questione in modo strumentale e trasforma l’asse4mblea in luogo di comizio, perciò ci asterremo».
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