Bendata per la verifica, la protesta «Centinaia di studenti vessati in dad»

Protesta davanti all’Ufficio scolastico regionale dopo l’episodio di Verona: denunciati altri casi

VENEZIA

Una benda sugli occhi, proprio come quella che era stata costretta a indossare la studentessa quindicenne del liceo Montanari di Verona, nel corso dell’interrogazione di tedesco, in dad. Obbligata dall’insegnante, perché sospettata di leggere: era troppo preparata. Si sono presentati così, a volto coperto, i ragazzi della Rete degli studenti medi, ieri davanti alla sede dell’Ufficio scolastico regionale, a Mestre.

Stretti tra le mani dei ragazzi, i cartelli con le segnalazioni ricevute e raccolte dalla Rete: le mani da tenere unite, in preghiera, per non sfogliare le pagine dei libri durante le interrogazioni; il volto quasi attaccato allo schermo; le risposte da dare con le spalle alla webcam; le riprese con due dispositivi, per garantire la visuale più ampia... «Abbiamo scoperto che in tutto il Veneto centinaia di studenti sono soggetti a queste pratiche» spiega Lorenzo Baronti, rappresentante degli studenti dell’istituto veronese cornice dell’episodio. «Il clima a scuola è piuttosto teso, l'insegnante è anche accusata di omofobia. Appena è uscita la notizia, tutti erano stupiti e io stesso mai mi sarei immaginato che una professoressa nella mia scuola si sarebbe comportata in questo modo. Molti sono arrabbiati e pretendono provvedimenti».

Il preside della scuola, Matteo Sansone, contattato telefonicamente, risponde: «Sto ricostruendo quanto mi è stato detto. In base all’esito delle verifiche, deciderò di conseguenza».

Ma quanto accaduto a Verona non sarebbe che la punta dell’iceberg, denunciano gli studenti. Casi simili si sarebbero verificati al Liceo Cornaro di Padova, ad esempio. Protagonista sempre un’insegnante di tedesco, «che obbliga i suoi alunni a sostenere le interrogazioni con le mani davanti agli occhi» la denuncia di un’altra ragazza.

Situazioni estreme, stigmatizzate dagli stessi insegnanti, increduli di fronte a questi racconti. «Le interrogazioni sono il metodo più semplice per capire se lo studente ha studiato. Noi professori mica assistiamo passivamente al discorso dello studente, ma poniamo domande, interveniamo» sostiene Laura Di Lucia Coletti, insegnante di Lettere al Liceo Bruno di Mestre. Anche la docente ha studiato qualche “trucchetto anti furbetti” per la dad, ma sono tutti dettati dal buonsenso. «Durante le interrogazioni sono piuttosto tranquilla. Chiedo solo di tenere la webcam accesa, ovviamente: ma, se un ragazzo copia, io me ne accorgo subito. È più complicato con le prove scritte, soprattutto per le materie scientifiche. Certo, se uno studente si fa fare il compito di italiano da un’altra persona, lo capisco subito, perché conosco il registro proprio dei miei ragazzi. Se la verifica consiste in un questionario su un argomento specifico, allora in dad tendo a dare un orario ridotto. Nei compiti di Italiano, assegno l’analisi di un articolo di giornale o di un saggio che non siano facilmente reperibili in rete. È chiaro che la dad ci impone di comportarci diversamente da prima. Serve reinventarsi, è più complicato, ma nulla di impossibile».

Del resto, i ragazzi fanno i ragazzi. E allora anche l’insegnate è possibile che chieda qualche misura di sicurezza in più, come il doppio device, la condivisione dello schermo o un “tour virtuale” sulla scrivania.

«Negli ultimi 12 mesi ho assistito veramente a qualsiasi tipo di situazione» testimonia una prof, lasciandosi andare a un lungo e bizzarro elenco: «Da uno studente passato magicamente dal 3 all’8 che, incalzato, ha finalmente ammesso di aver fatto fare il compito alla sorella; alla mamma beccata mentre suggeriva, smascherata dallo specchio alle spalle della figlia; fino agli studenti che restituiscono verifiche perfette, salvo poi non saper risolvere nemmeno il più semplice di quegli stessi quesiti, durante la prova orale». —



Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova