Detenuti al lavoro alla Biennale in cantieri, ristoranti e alberghi

Uscite diurne dal carcere per lavorare, il progetto prende piede. Buttafuoco: «Tener vivi il rapporto e la speranza è un nostro dovere»

Roberta De Rossi
Via al progetto per il lavoro dei detenuti alla Biennale di Venezia
Via al progetto per il lavoro dei detenuti alla Biennale di Venezia

C’è l’imprenditore che è a Santa Maria Maggiore per scontare una pena per bancarotta: esce dal carcere ogni mattina e va al lavoro tra i cantieri dei restauri di Piazza San Marco, assunto dalla impresa di restauri Lares. C’è il trentenne veneto condannato per essere rimasto invischiato nel mondo della droga, che ora studia Ingegneria informatica: parte dal Due Palazzi per raggiungere la biglietteria della Biennale di Architettura. C’è chi sta scontando una pena per reati contro il patrimonio ed è appena stato assunto al bar della stazione di Venezia della catena My Resturant.

Sono tre esempi - tra le decine a Venezia, le centinaia in Veneto e in tutta Italia - della complessa, ma sempre più veloce macchina di “seconde opportunità”, messa in moto dall’incontro tra l’associazione Seconda Chance (creata nel 2022 dall’energia della giornalista Flavia Filippi e animata da una rete di colleghi, che in Triveneto ha come referente la collega Giovanna Pastega), la disponibilità del Dap e di direttori di istituti di pena, l’attenzione felicemente contagiosa di aziende grandi e piccole ed enti pubblici, nel cogliere il messaggio: «Le persone non sono tutte e per sempre il reato che hanno commesso e il lavoro è lo strumento per dare a loro una seconda opportunità e alla società più sicurezza: chi lavora riacquista dignità e la recidiva crolla».

Un anno fa erano solo quattro i detenuti che la mattina lasciavano Santa Maria Maggiore per raggiungere un posto di lavoro “oltre il muro”, tornando in cella per la notte: oggi sono già quaranta. E altri operano all’interno del carcere, diventando così una sessantina in tutto: c’è un protocollo con Ance per la formazione nel campo dell’edilizia e alcuni detenuti sono impiegati nella manutenzione dell’istituto.

Un altro grande filone è quello alberghiero e della ristorazione e con l’Associazione italiana direzione personale si stanno organizzando corsi per ottenere il patentino Haccp per addetto alla cucina, molto richiesto. Infine, all’interno di Santa Maria Maggiore è stato attivato anche un corso per Archivista digitale.

«Posso dire che ora c’è la “coda” fuori della mia porta di aziende pronte a offrire opportunità di impiego, ma purtroppo - pur avendo 270 detenuti - non tutti hanno le caratteristiche previste dalla legge per poter accedere al lavoro esterno», ha detto il direttore Enrico Farina, a margine dell’incontro Recidiva Zero, organizzato al Cnel dal presidente Renato Brunetta, «il mondo dell’impresa e delle istituzioni, a Venezia, ha risposto in maniera meravigliosa, con grande disponibilità alla chiamata fatta anche insieme a Seconda Chance: c’è volontà di offrire opportunità di reinserimento sociale. Si può dire anche in maniera opportunistica, perché si fa del bene alla persona detenuta, dandole l’opportunità di imparare un lavoro che spesso prosegue una volta scontata la pena, e perché si fa del bene alla comunità, perché se esci dal carcere e non hai un lavoro, ti ritrovi nuovamente ai margini e il rischio che torni a fare quello che facevi è alto. Venezia potrebbe essere la capitale dei reinserimento sociale dopo-pena: mostrare al mondo come si fa».

Lungo l’elenco delle aziende e degli istituti che hanno aderito al progetto Seconda Chance e il rischio è di dimenticarne di sicuro molti: da Illy con l’Università del caffè a Autogrill, da McDonald’s a My Resturant. Veritas, le Gallerie dell’Accademia, Muve, E, ancora, l’Associazione degli albergatori veneziani, la Confcommercio, l’Aepe e i pubblici esercizi. Poi il protocollo con l’Ance, l’associazione dei costruttori.

E la Biennale, conosciuta in tutto il mondo: l’occasione che ha portato quattro detenuti a lavorare alla mostra del Cinema e ora alla Biennale di Architettura, è scoccata all’inaugurazione del padiglione della Santa Sede al Carcere femminile della Giudecca, nell’incontro tra Buttafuoco, il patriarca Moraglia e Seconda Chance. E il primo detenuto è stato assunto per la Mostra del Cinema.

«È stato molto emozionante per lui e per noi che in occasione della Festa di San Marco, il Comune abbia consegnato un’osella al primo signore che è venuto a lavorare con noi alla Mostra del Cinema, l’anno scorso. Ora sono quattro i detenuti che lavorano alla Biennale Architettura e altre opportunità si apriranno», commenta il presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco, «così si trasforma una comunità in una comunità pensante. È un dovere istituzionale tenere viva la fenditura tra le mura e la misericordia».

È un mondo vasto, un’opportunità complessa da sviluppare - quella di far incontrare il mondo del lavoro e quello delle carceri, in vista di un reinserimento sociale di chi oggi è detenuto - ma ricca di soggetti e attenzione: sembra giunto il momento in cui l’energia di chi da volontario si impegna e la risposta di chi il lavoro lo dà s’incontrano. Senza per altro dimenticare chi, da decenni, nelle carceri veneziane opera con laboratori di stampa, sartoria, raccolta di erbe officinali e prodotti di cosmesi naturale, come le cooperative Rio terà dei Pensieri e Il Cerchio, con Veritas e Actv coinvolte.

«Abbiamo appena fatto la nostra prima assunzione su Venezia, nel caffè che abbiamo in stazione e siamo molto felici», commenta Riccardo Orlandi, per la catena di ristorazione My Chef, «è un “do ut des”: noi abbiamo bisogno di personale e diamo un’occasione a chi nella vita si è ritrovato in carcere, a ripartire rispettando le regole e avendo la possibilità di rinserisi nella società attraverso il lavoro. Invito le altre aziende a fare altrettanto: è un’opportunità positiva a vantaggio dei singoli, delle aziende, della collettività».

In questi giorni, Seconda Chance, sta siglando un nuovo protocollo con McDonald’s per portare la formazione all’interno del carcere minorile di Treviso, l’unico in Veneto.

«Abbiamo chiesto ai ragazzi da quale settore lavorativo erano maggiormente attratti e in coro ci hanno risposto la ristorazione», racconta Giovanna Pastega, «e da qui siamo partiti: McDonald’s organizzerà dei corsi di formazione, una Academy al termine della quale sarà rilasciata una certificazione spendibile all’esterno, con inserimenti lavorativi anche all’interno della stessa azienda. Porteremo questo protocollo anche negli istituti per minori in Friuli Venezia Giulia».

«Alla fine non ci interessa parlare di noi, di Seconda Chance», dice Flavia Filippi, «ma far parlare chi già ha fatto questa esperienza di accoglienza al lavoro di detenuti e ex detenuti, uomini e donne, perché “contagi” altri a fare altrettanto».

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