Capua: «Le accuse a me infangano la scienza»

ROMA. In attesa dell’addio definitivo alla Camera, la virologa dello Zooprofilattico di Padova Ilaria Capua traccia un bilancio sulla sua esperienza da deputata-scienziato a margine di una carriera tra alti (la scoperta di un ceppo dell’aviaria) e bassi (l’inchiesta su commercio di un virus letale).
L’ha chiamata qualcuno per dire «mi dispiace»?
«Solo il ministro Lorenzin mi ha mandato un messaggio. Era a conoscenza della vicenda come il ministro Giannini. E poi Ilaria Borletti, un’amica».
Nessuno le ha chiesto di ripensarci?
«No, forse c’è un po’ di rassegnazione. Solo Monti che sapeva che avrei intrapreso questo percorso e mi ha sempre sostenuta, anche nel momento della vicenda giudiziaria. A lui va tutta la mia gratitudine».
Dalla politica si sentono tanti bei discorsi sulla ricerca...
«Purtroppo la sostanza è un’altra ma non mi sento di sparare addosso a nessuno. Vorrei però che si riflettesse sulle opportunità che la scienza rappresenta per il futuro, perché altrimenti rischiamo di rimanere ancora più indietro, una grande amarezza. Ma posso fare un appello?».
Ai suoi colleghi parlamentari, prego…
«C’è una mia proposta di legge per valorizzare la ricerca indipendente sottoscritta da 60 deputati che giace nei cassetti da due anni. Qualcuno la porti avanti».
Delusa dalla politica?
«Ho cinquant’anni, ora ricomincio da me. Vado dall’altra parte dell’oceano a fare un lavoro completamente nuovo. È stata una decisione ponderata e sofferta ma bisogna fare tesoro di tutte le esperienze e volgerle in positivo».
Anche la vicenda giudiziaria che la vede coinvolta?
«Spero possa servire da testimonianza di come la scienza è trattata qui. Vorrei che si riflettesse su questo: sforniamo migliaia di laureati in discipline scientifiche, abbiamo talenti brillanti. Abbiamo la testa scientifica ma non il collo. Non facciamo abbastanza per sostenere questi ragazzi».
Stavolta è la politica anti scienza?
«Possiamo dire che la politica si occupa di scienza a macchia di leopardo. E invece c’è bisogno di continuità. Ci si ricorda della scienza solo quando ci sono emergenze o grandi scoperte».
Colpa anche dei media?
«In parte sì ma è giusto fare anche autocritica. Le persone di scienza devono trovare il modo di coinvolgere di più i cittadini».
Cosa si lascia alle spalle?
«Io vorrei aprire un portone. Lascio un gruppo di ragazzi (e soprattutto ragazze) bravissimi che lavorano nel mio laboratorio e che vorrei continuare a sostenere. Li ho già coinvolti in un progetto di ricerca europeo che ha come focus il virus Zika. L’università dove vado è una delle più grandi degli Stati Uniti. Paradossalmente da lì posso fare moltissimo: c’è un accordo di massima con il nuovo direttore per concedermi l’aspettativa».
E della sua iniziativa politica?
«L’esenzione dell’Imu per i centri di ricerca Onlus, strumento di cui beneficia per esempio la Città della Speranza di Padova o in Lombardia il Mario Negri».
In Florida per caso le hanno detto se siamo matti a non fermarla?
«No… (ride). Ho chiesto cosa si aspettavano da me. Mi hanno risposto: siamo noi a chiederti cosa dobbiamo costruirti intorno, affinché tu riesca a far crescere questa università, occupandoti del progetto “One Health” la salute integrata uomo-animale-ambiente. Un approccio decisamente diverso».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova