Cardiologo trovato morto nel torrente, ecco chi era Leopoldo Celegon

CASTELFRANCO. «Provo un dolore grandissimo, sono ancora incredulo per quanto è successo: il rapporto tra me e lui è andato ben oltre l’aspetto professionale. Basti pensare che è stato lui a incoraggiarmi nella specializzazione in emodinamica». Il primario di Cardiologia dell’ospedale di Treviso, Carlo Cernetti, ricorda così quello che può essere considerato uno dei suoi maestri, Leopoldo Celegon, 72 anni. Ne ha raccolto il testimone nel 2009, diventando primario quando è andato in pensione e, per una singolare coincidenza, era stato proprio Celegon a sostituire alla guida della cardiologia castellana il padre di Cernetti, Camillo.
«Mi ha aiutato tantissimo nella formazione, spingendomi a fare esperienza all’estero e in altre cardiologie. Ma, al di là del nostro rapporto, Celegon è stato un luminare che ha saputo far fare passi da gigante alla Cardiologia di Castelfranco».
Caso anomalo per un medico arrivato al primariato, Celegon ha svolto tutta la sua carriera al San Giacomo. Originario di Noale, arriva nella città di Giorgione nel 1977, dopo la laurea in Medicina (1973) e la specializzazione in Cardiologia (1976) prima di conseguire anche quella in Medicina Interna (1981).
La sua carriera lo vede prima assistente e poi aiuto cardiologo: in questa veste sarà anche istitutore del servizio di Medicina dello Sport. «Era una personalità con una vitalità straordinaria» ricorda ancora Cernetti «aveva una energia incredibile, capace di reggere ore e ore di lavoro, ma sempre paziente e disponibile con tutti. Era convinto che solo avendo il meglio anche in termine di attrezzature si poteva offrire un servizio che faceva la differenza. Ed ebbe l’idea che, grazie all’associazione Amici del Cuore, qui a Castelfranco potessero arrivare dotazioni di primo livello».
Grazie a questa intuizione l’ospedale ebbe un ecocardiografo per indagini non invasive di ultima generazione. Ma non solo: «Pur essendo un cardiologo clinico, aveva intuito l’importanza dell’interventistica. Da qui il cammino per una specializzazione del reparto in emodinamica: tra le dotazioni arrivate in regalo anche un contropulsatore aortico, una macchina che migliora il flusso sanguigno nelle fasi acute dell’infarto».
Per Cernetti, Celegon è un luminare che ha fatto scuola: «Ha lasciato un’importante eredità, anche in termini di formazione, parlo anche del mio collega Alessandro Desideri», il quale è facente funzione al San Giacomo, dove Cernetti continua a operare ogni mercoledì.
Celegon era sempre stato una persona attiva, iniziava la giornata alle cinque e mezza. Dopo il primariato a Castelfranco, aveva continuato l’attività di cardiologo clinico al centro riabilitativo di Motta di Livenza, alla casa di cura Rizzola di San Donà, ma anche in convenzione all’ospedale di Castelfranco, oltre che nel Centro di Medicina a Borgo Treviso. Nel tempo libero, oltre al volontariato, coltivava la sua grande passione, la montagna: «Era stato a un convegno a Firenze» ricorda Cernetti «e aveva voglia di tornare nelle sue montagne, a Pecol, che conosceva molto bene. Come tutti gli appassionati esperti, era estremamente prudente. Ripeto: non riesco a comprendere come sia potuto accadere». —
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