Caso Cibotto, Sgarbi chiede scusa al presidente dei Concordi: fonti imprecise e «inutili offese»

ROVIGO. Vittorio Sgarbi chiede scusa al presidente dell’Accademia dei Concordi, Giovanni Boniolo, per le offese che gli aveva rivolto a proposito dei libri di Cibotto scartati, dona 500 euro all’Istituzione culturale e addossa la colpa a coloro che, da Rovigo, lo hanno male informato.
Finisce così, con tante scuse messe nero su bianco, una vicenda che due anni fa aveva fatto molto rumore. Alla sua morte, nel 2017, Cibotto aveva lasciato la sua biblioteca di 40 mila volumi all’Accademia dei Concordi, non come donazione immediata ma ponendo la condizione che venisse creato un fondo strutturato. Esecutore testamentario è l’erede, la nipote Annamaria Battizocco.
«La Fondazione Cariparo» ricostruisce il presidente Boniolo «decide dunque di finanziare la preparazione dell’inventario del fondo. Vuol dire aprire libro per libro e verificarne lo stato. Essendo i volumi rimasti in locali inadatti, molti si erano ammalorati, erano privi di pagine o erano stati rovinati dai roditori. In Accademia, tra il 2017 e il 2018, abbiamo portato circa 38 mila libri. Quelli che erano rovinati o erano doppi, o non catalogabili, li abbiamo regalati ad altre biblioteche. Abbiamo creato sezioni per le Arti, il Cinema, l’Antropologia culturale, l’Editoria, la Filosofia, la Letteratura. La parte di scarto è stata mandata al macero. Era materiale in pessimo stato, con muffe, lacerazioni, gore, pagine incollate per l’umidità. I nostri esperti hanno seguito le linee guida ufficiali della biblioteconomia, fissate per lo scarto dal metodo standard Sr/Smusi».
Improvvisamente, scoppia la polemica: «Un operatore ecologico, rimasto sempre anonimo, al momento dello smaltimento, colpito da questa massa di libri, crede di far bene denunciando il fatto. Fotografa i volumi, limitandosi ovviamente alle loro copertine. Consegna poi ai giornali queste istantanee, unite alle bolle di scarico e scarico. I cronisti vengono in Accademia e noi spieghiamo come abbiamo agito; loro riferiscono, senza particolari toni accusatori».
C’è chi, però, trova motivi di contestazione. «Il sindaco di allora, il leghista Bergamin e l’assessore alla Cultura, Sguotti, approvano il nostro operato» continua il presidente. «Ma alcuni dissidenti della maggioranza di centrodestra cominciano ad attaccare l’Accademia, e me in particolar modo, accusandomi di aver mandato al macero dei libri sui quali valeva la comproprietà del Comune, in quanto socio dell’Accademia. Cosa non vera, perché la signora Battizocco è ancora formalmente la proprietaria. Noi riceviamo i libri in comodato d’uso finalizzato alla catalogazione, terminata la quale, la donazione può essere perfezionata e con essa il passaggio di proprietà. Alcuni dei contestatori sono membri del Consiglio di Amministrazione della comproprietà e colpevolmente ignorano queste cose determinanti».
Fin quando, sulla vicenda, scende in campo Vittorio Sgarbi. «Qualcuno, non so chi» ricostruice Boniolo «ha la bell’idea di far intervenire Sgarbi, il quale viene a Rovigo, convoca una conferenza stampa, mi dà del mentecatto, dell’idiota, dell’assassino, aggiunge che dovrei essere cacciato a calci e che una delle peggiori cosa capitate al Polesine, dopo il delitto Matteotti e l’alluvione, sono io. Lo spalleggia Giancarlo Marinelli, regista, scrittore e amico di Cibotto, che si dichiara pronto a prendermi a pugni. Terminata l’adunanza, con ampio seguito, Sgarbi va dai carabinieri per denunciarmi per “distrazione di materiale pubblico” e perché avrei bruciato 67 quintali di libri. Cioè l’equivalente di tre, quattro Tir. Da quel momento Sgarbi inizia inoltre una campagna diffamatoria nei miei confronti, andando all’Aria che tira, a Rai3 sera, da Lilli Gruber, scrivendo su Panorama, Oggi e così via. Presenta anche un’interpellanza parlamentare con toni per la verità più sobri. Alcuni giornali locali seguono a ruota».
Una reazione era necessaria: seguendo il consiglio dell’amico costituzionalista dell’Università di Padova Mario Bertolissi, Boniolo denuncia Sgarbi per diffamazione. Arriva l’Ispezione della Sovrintendenza per i beni archivistici, che dà atto al presidente della correttezza dell’operato. Lo stesso esito ha il controllo di polizia giudiziaria. La denuncia di Sgarbi viene dunque a cadere, perché “il fatto non sussiste”.
«Ma resta in piedi la mia querela e Sgarbi viene rinviato a giudizio. A quel punto i suoi difensori dello Studio Ghedini-Longo devono aver consigliato la via delle scuse». —
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