«Centro per transgender previsto e mai istituito»

TREVISO. Un Centro regionale per il disturbo dell’identità di genere. A chiederne l’istituzione è l’avvocato Alessandra Gracis del Foro di Treviso, legale che ha affrontato a sua volta il cambiamento di sesso e che è diventato punto di riferimento in materia grazie anche a un docu-film in cui ha raccontato difficoltà, disagi e felicità nell’affrontare un percorso tanto impegnativo.
«La delibera 2707 di fine 2014 prevedeva espressamente l’istituzione del Centro da realizzare presso l’Azienda Ospedaliera di Padova», spiega il legale, «Ad oggi mi risulta che nulla sia stato fatto». Garantire ai transessuali veneti un punto di riferimento dove ricevere le informazioni e l’assistenza necessarie è, secondo Gracis, un obiettivo da conseguire in tempi rapidi, anche perché molto ne è già trascorso. «Ad oggi le persone transessuali venete invece di trovare una minima assistenza nella struttura della propria azienda sanitaria, incluso il medico di famiglia, sono lasciate allo sbando e al fai-da- te più assoluto», sostiene. La giunta regionale ha previsto l’istituzione del Centro esattamente due anni fa, il 29 dicembre 2014. Nella stessa delibera con cui vengono individuati gli hub, si fa riferimento appunto alla creazione della struttura per transessuali. «La complessità delle tematiche connesse a tali disturbi richiede la presenza nella struttura identificata di competenze multidisciplinari e multispecialistiche per una presa in carico complessiva del paziente, oltre che la presenza di professionisti con ampia e qualificata visione delle problematiche connesse e degli sviluppi clinici in ambito nazionale e internazionale», sottolineava all’epoca l’assessore alla Sanità Luca Coletto. Che prevedeva conseguentemente l’istituzione del Centro presso l’Azienda Ospedaliera di Padova.
In effetti qualcosa si è mosso da allora e via Giustiniani ha stabilito l’attivazione della struttura presso la Clinica Urologica. «Un’istituzione solo sulla carta», liquida l’avvocato Gracis che ha scritto una raccomandata indirizzata all’assessore alla Sanità e al governatore Luca Zaia proprio per sollecitarne l’intervento.
«Dal dicembre 2014 non risulta sia cambiato niente; non vi sono chirurghi, urologi, ginecologi, endocrinologi, psichiatri e psicologi pubblici che possano dirsi esperti nella materia», sostiene. Secondo il legale è necessario pertanto allestire un organismo interdisciplinare e multiprofessionale capace di dare risposte competenti alle persone interessate al cambiamento di sesso. Un punto di riferimento per tutt’Italia, dove le operazioni di cambio sesso sono circa 50 all’anno. E il Veneto - che per primo nel 1993 aveva elaborato la legge in materia di rettificazione e attribuzione del sesso diventando regione all’avanguardia - potrebbe cogliere l’occasione per lanciare il modello.
Al momento, invece, chi vuole sottoporsi all’operazione, spesso sceglie di andare all’estero dove ci sono centri altamente specializzati (e l’Usldeve dare il via libera come ha stabilito una recente sentenza dei giudici trevigiani). Tanto vale, conclude Gracis, far andare all’estero gli assistiti e creare appunto un referente regionale per medici di famiglia ed ospedalieri veneti. (s.t.)
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