Cinema al 100 per cento, ecco le recensioni dei film in sala dal 20 aprile

Con “Il sol dell’avvenire” Moretti “ritorna al futuro” con i suoi marchi di fabbrica (ossessioni, idiosincrasie e “morettismi” vari) senza, però, rinunciare a uno sguardo ancora vitale, politico, utopico e felliniano che diverte e commuove. “November – I cinque giorni dopo il Bataclan” è il solido film diretto da Cèdric Jimenez sui momenti immediatamente successivi agli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, dal punto di vista della task force antiterrorismo. Per i più piccoli (e non solo) la favola animata dal sapore ecologista e pacifista che arriva direttamente dall’Ucraina: “Mavka e la foresta incantata”.

Marco Contino e Michele Gottardi
"Il Sol Dell'Avvenire"
"Il Sol Dell'Avvenire"

Regia: Nanni Moretti

Cast: Nanni Moretti, Margherita Buy, Silvio Orlando, Barbara Bobulova, Mathieu Amalric

Durata: 95’

"Il sol dell'avvenire"
"Il sol dell'avvenire"

È tornato il morettismo, autoreferenziale, narcisista, impietoso verso se stesso (e le sue fissazioni come le scarpe o le scorribande romane, non più in Vespa, ma in monopattino) e il mondo intero quant’altri mai, ma splendidamente critico verso gli ultimi settant’anni di storia patria.

Un film in cui la trama è come sempre un pretesto, dove ricordi e proiezioni si susseguono, affastellati secondo un ordine logico solo al regista di “Palombella rossa”, film che riecheggia ampiamente ne “Il sol dell’avvenire”, a cominciare dal nome del circo ungherese che fa da quinta scenica a buona parte del film, Budavari, lo stesso del temibile pallanuotista magiaro di “Palombella rossa” che toglieva i sonni al giovane Moretti (“Marca Budavari! Marca Budavari”).

Ma anche, grazie al circo e non solo per quello, c’è una forte componente felliniana, dalla sequenza finale de “La dolce vita” alla citazione di “8 ½”, ma sin dalla scena iniziale in cui il titolo del film viene dipinto sulle arcate di un ponte come avviene nel grande teatro di posa, il numero 5 di Cinecittà, ne “L’intervista” di Fellini.

“Il sol dell'avvenire” – uno dei simboli della speranza socialista in un mondo futuro – segue la vita di una coppia intorno ai cinquant'anni, Giovanni fa il regista cercando di mantenere salde e impegnate etica ed estetica, Paola è produttrice di un giovane regista de-genere: attorno i segni di una crisi ideale oltre che politica, esplodono, dalla figlia che vuole sposare un uomo molto più vecchio, gli attori che deviano dal tema scelto verso una storia d’amore, mentre Netflix ammannisce lo stesso menu in 196 paesi, come gli ricordano i responsabili della società con cui il regista ha un colloquio disarmante.

Perché forse la storia che Giovanni vuole portare sullo schermo non ha molto appeal: infatti, chi se la fila la ricostruzione dei dubbi del segretario della sezione del Pci del Quarticciolo, mentre i carri armati sovietici entrano a Budapest nel 1956, per porre fine alla primavera di Imre Nagy?

E invece il film diventa un sogno di speranza, pensando che la storia si possa cambiare, allora come ora, e che ancora una volta si può affidare al sol dell’avvenire la possibilità di un domani migliore.

L’altra chiave di lettura sono le molte canzoni italiane che arricchiscono il film. Quasi un musical, ma senza pasticciere trotzkista, stavolta, che finisce ancora una volta in una danza, sulle note dei dervisci di Franco Battiato. Canzoni e balli che mostrano una vitalità e una insperata positività nel Moretti di sempre, che amerà pur sempre sentirsi minoranza di fronte alla volgarità corrente, ma tra antidepressivi e creme per il viso auspica finalmente un orizzonte sereno, fatto di sorrisi e di popolo gaudente, magari per un 25 aprile di festa. (Michele Gottardi).

Voto: 7,5

***

Regia: Cèdric Jimenez

Cast: Jean Dujardin, Anaïs Demoustier, Sandrine Kiberlain

Durata: 105’

"November"
"November"

La Francia guarda in faccia l’orrore e, dopo alcuni di anni di comprensibile elaborazione del lutto, il cinema affronta con sempre maggior convinzione e consapevolezza le ferite degli attacchi terroristici di Parigi del 13 novembre 2015, quelli – per intenderci - del Bataclan, l’episodio più devastante di quella tragedia.

Dopo l’intimista “Un anno, una notte” di Isaki Lacuesta (sul trauma subito da due sopravvissuti), il regista e sceneggiatore francese Cèdric Jimenez, con “November – I cinque giorni dopo il Bataclan”, sceglie il registro della spy story con innesti da thriller, per raccontare (come da sottotitolo per la distribuzione italiana) ciò che è avvenuto immediatamente dopo gli attentati, immergendo lo spettatore negli uffici della squadra antiterrorismo guidata da Fred (Jean Dujardin), nelle sue gerarchie e linee di riporto che arrivano fino al Presidente e si snodano attraverso funzionari, agenti, collaboratori e infiltrati (nella task force una delle più impegnate ed emotivamente coinvolte è Inès - Anaïs Demoustier – che pur di catturare i terroristi, non esita a mettere in gioco se stessa, dando credito ad una testimonianza che darà una svolta decisiva all’indagine).

Preceduto da un prologo ad Atene (un po’ in stile “Mission Impossible”), quando Fred si lascia sfuggire quella che sarà poi la mente degli attentati parigini, “November” è quello che, con espressione un po’ d’antan, si definirebbe un “film solido”.

Ed è innegabile la capacità di Jimenez di adattare il modello hollywoodiano ad uno sguardo più europeo e introspettivo sui fatti, non rinunciando all’azione (soprattutto nella sequenza finale) ma non permettendo che la componente adrenalinica e di genere fagociti tutto il resto. Certo, nella coralità dell’opera, i personaggi non sempre emergono come dovrebbero e potrebbero, resta, tuttavia, efficace il modo in cui il regista osserva, senza giudicare, un momento irripetibile della storia della Francia, colta alla sprovvista dagli attentati con un inevitabile carico di sensi di colpa e volontà di riscatto, anche a costo di mettere in discussione regole ed etica (la vicenda della testimone, in questo, è emblematica). (Marco Contino)

Voto: 6,5

***

Regia: Oleksandra Ruban e Oleg Malamuzh

Durata: 90’

"Mavka"
"Mavka"

In occasione della giornata mondiale della Terra (il 22 aprile), arriva in sala il film di animazione ucraino “Mavka e la foresta incantata” dei registi Oleksandra Ruban e Oleg Malamuzh, una favola per la difesa dell'ambiente, messo a rischio dall'avidità e l'egoismo umani, ma anche un omaggio alla cultura, la tradizione e la musica ucraina.

Tratta dalla pièce in versi “La canzone della foresta” della poetessa ucraina Lesja Ukrainka, la storia è ambientata in una immensa foresta in cui vive la custode Mavka (nella versione italiana le presta la voce la Youtuber Frafrog) che gli uomini percepiscono come una minaccia.

L’incontro tra Mavka e Lukas, un ragazzo dall’animo buono ingaggiato dall’avida Kylina decisa ad impossessarsi della sorgente della vita, si trasformerà in una inedita amicizia e, poi, in amore: in gioco c’è la pacifica convivenza tra umani e natura, messa in pericolo da Kylina.

È evidente come la visione del film accenda, oggi, suggestioni non solo ecologiste ma, a livello ancora più universale, istanze di pace contro la guerra (quella che sconvolge il popolo ucraino) e tutte le guerre. Si tratta di un sottotesto che, all’epoca, non poteva essere nelle intenzioni dei registi e che il contesto attuale non può non suggerire.

Per questo, “Mavka” va oltre la semplice e dignitosa narrazione animata, ricollegandosi direttamente alla Storia e al suo cuore. (Marco Contino)

Voto: 6,5

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