Consiglio del Veneto la pioggia di denaro sui gruppi consigliari

Alla Lega 341 mila euro, al Pdl 307 mila e al Pd 268 mila Rendiconto entro il 31 marzo, ma in pochi lo rispettano
Di Renzo Mazzaro

VENEZIA. Piovono soldi sui partiti a colpi di 3,5 euro per voto ottenuto. Cifre talmente spropositate che pur di tenersele, dopo la figuraccia della Tanzania, le direzioni nazionali stanno concordando l’obbligo di investire il surplus in titoli di Stato. Ma i rimborsi elettorali non sono l’unica forma di finanziamento. Dalle tasche dei contribuenti veneti escono altri quattrini diretti verso i palazzi della politica regionale. Sono i finanziamenti ai gruppi consiliari, previsti dalla legge del 27 novembre 1984, n. 56 e successive modifiche. A ficcarci il naso si fanno scoperte interessanti.

La prima è che ogni gruppo dovrebbe consegnare il rendiconto entro il 31 marzo dell’anno successivo: siamo al 13 aprile 2012 e non risulta che il termine per le somme spese nel 2011 sia stato rispettato. Almeno non da tutti. E non sono cifre da poco: la Lega ha avuto 341.760 euro, il Pdl 307.200, il Pd 268.800 (il finanziamento è rapportato al numero dei consiglieri di ogni partito, a scalare).

La seconda è che i revisori dei conti – presidente Pigi Cortelazzo del Pdl, componenti Gennaro Marotta di Idv e Bruno Cappon della Lega – si prendono tutto il lasco consentito dalla legge: al loro intervento non sono poste scadenze. Per la verità Marotta spingerebbe per chiudere entro giugno ma Cortelazzo ricorda che la revisione 2010 è stata effettuata a settembre 2011.

Sulle modalità della revisione, poi, niente a che fare con il lavoro di una società di revisione, che controlla voci e pezze giustificative una ad una. Poco a che fare anche con un tradizionale collegio di revisori, che va a campione sui fornitori ma passa al setaccio la contabilità. Sembra piuttosto un’occhiata data con il cannocchiale alla cima della montagna guardando da fondo valle. Modalità peraltro da sempre in uso. Ricorda Fabrizio De Checchi, consigliere regionale di Forza Italia e poi del Gruppo misto dal 1995 al 2000, revisore dei conti per quella legislatura assieme a Mario Rossi e Alberto Poirè, che già allora si andava per campione. Secondo lui per evitare l’accanimento di un partito sui conti dell’altro. A chi toccava toccava. A fine 2000 De Checchi si rifiutò di avallare un rendiconto e toccò al segretario generale Giovanni Lanna chiedere le pezze giustificative mancanti al partito de cuius. Da presidente del gruppo misto (1998-2000) De Checchi fu il primo a restituire denaro non utilizzato: la bellezza di 80 milioni di lire. Non era mai accaduto prima e grande fu lo stupore. Ma anche Pigi Cortelazzo, capogruppo di An, in epoca più recente ha restituito 40.000 euro: era il 2010, fine della legislatura.

La legge non consente di utilizzare a capocchia i soldi del finanziamento ai gruppi, come avviene per il rimborso elettorale. Bisogna giustificare l’impiego con un rendiconto appropriato, sotto la responsabilità del presidente del gruppo che ha la firma sugli assegni. L’unica possibilità è che l’avanzo di esercizio viene riportato all’anno successivo. Almeno a Venezia c’è più serietà che a Roma. Naturalmente fatta la legge, trovata la scappatoia: la zona grigia resta molto estesa. Si possono organizzare convegni, stampare manifesti, pagare consulenze, facendo finta che si tratti di necessità istituzionali mentre invece servono al partito. La legge lo vieta, ma chi va a guardare?

Le polemiche sui costi della politica hanno portato il Consiglio regionale del Veneto a ridurre gli stipendi e abolire i vitalizi. Ma il finanziamento ai gruppi invece di calare è aumentato. La leva utilizzata è stata quella del personale: nel 2000 un gruppo con 20 consiglieri come la Lega (ma vale anche per il Pdl che ne ha 17) poteva avere un massimo di 13 dipendenti, oggi può arrivare a 17. Quattro persone in più, con relativi stipendi. In realtà la Lega ha solo 10 dipendenti, compreso il dirigente. Tutti i partiti preferiscono stare sotto la quota massima, perché la legge prevede un finanziamento sostitutivo per unità mancante, pari al costo del personale regionale. Ma serve lavoro o denaro?

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