Coronavirus, così funziona l'App ideata da quattro veneti per monitorare il contagio

Si scarica sullo smartphone e si attiva con il Bluetooth: permette di tracciare i contatti a rischio e addirittura di aggiornare il diario clinico dell'utente. Ecco come
Lo staff di Bending Spoons al completo qualche tempo fa nella sede milanese
Lo staff di Bending Spoons al completo qualche tempo fa nella sede milanese
PADOVA. Controllare il contagio: come? Mentre gli scienziati di tutto il mondo lavorano per arginare la pandemia, quattro menti venete hanno trovato il modo di fotografare e monitorare la diffusione del Covid-19 in modo semplice ed efficace: con una app.
 
Si chiama "Immuni", rappresenta l'ultimo di una ventina di brevetti messi a punto dal padovano Francesco Patarnello, dal vicentino Matteo Danieli, dal veronese Luca Ferrari e da Luca Querella, che vive a Torino ma ha famiglia e nonni veneti. Il più vecchio di loro ha 36 anni, tutti hanno una doppia laurea in ingegneria e la loro seconda casa è Copenaghen.
 
 
La loro società, Bending Spoons, è nata 7 anni fa proprio nella capitale danese: il nome è un omaggio al film Matrix, che nel '99 ha riscritto il genere-fantascienza, e si rifà alla scena in cui un bambino piega il cucchiaio con la forza del pensiero. Oggi l'azienda ha sede a Milano e ha nel suo portfolio una ventina di brevetti di successo e numeri ragguardevoli: i soci sono saliti a 48, i collaboratori a un centinaio (età media 28 anni), il fatturato a oltre 45 milioni, i download a oltre 200 milioni, i nuovi utenti-giorno a 270 mila. 
 
Eureka
 
Il padovano Francesco Patarnello, cofondatore e socio di Bending Spoons
Il padovano Francesco Patarnello, cofondatore e socio di Bending Spoons
 
"All'inizio dell'epidemia", racconta il padovano Patarnello, "abbiamo donato un milone di euro alla Protezione civile e ci siamo messi al lavoro per trovare un'idea valida con cui fronteggiare questa emergenza". Manco a dirlo, l'hanno trovata: "L’azienda realizzerà l’app per il contact tracing con cui l’Italia cercherà di contenere la diffusione del coronavirus", annuncia il veronese Ferrari, amministratore delegato di Bending Spoons, che tiene subito a sottolineare di essere "molto orgoglioso della passione, abnegazione e competenza dei nostri ingegneri, scienziati e di tutto il team Immuni". Abbiamo fatto e faremo ancora del nostro meglio". 
 
La app
 
Creativi al lavoro nella sede di Bending Spoons
Creativi al lavoro nella sede di Bending Spoons
 
Il contact tracing oggi in Italia si pratica già, manualmente: se una persona è positiva al coronavirus, si cerca di ricostruire i suoi movimenti e di avvisare le persone con cui è venuta in contatto nei 15 giorni precedenti. Queste dovranno a loro volta mettersi in quarantena ed evitare contatti con altri; in caso di sintomi, dovranno contattare l’autorità sanitaria. La procedura è lenta, imprecisa e richiede molte risorse.
 
Con la tecnologia fornita dalla nuova app è invece automatica e più efficace. Come sottolinea Luca Foresti, Ceo del Centro Medico Santagostino, che ha partecipato al progetto insieme all’agenzia di marketing Jakala, «le caratteristiche tecniche definitive dell’app saranno decise dal Governo».
 
L'efficacia
 
Come funziona la app? Non è escluso in via definitiva l’uso del Gps, o della triangolazione delle celle telefoniche, ma Immuni dovrebbe basarsi essenzialmente sul Bluetooth. Non conoscere la posizione assoluta di chi la usa, ma solo registrare se e quando è avvenuto un incontro tra chi è positivo e chi no. 
 
Si tratta di stabilire se uno smartphone si è avvicinato a un altro tanto da poter captare le onde emesse dal suo Bluetooth, e se lo ha fatto per un periodo di tempo tale da poter ipotizzare un contagio. Queste informazioni non contengono dati personali, come nome, sesso, età, e rimangono sul telefono, a meno che l’utente non si scopra positivo al virus. Se sceglie di condividerle verranno indirizzate a un server centrale, che le incrocerà con gli identificativi di altri smartphone e invierà a ciascuno una notifica. Ci sarà pure una specie di diario clinico, dove registrare i sintomi.
 
La sala riunioni della sede societaria in corso Como a Milano
La sala riunioni della sede societaria in corso Como a Milano
 
Chi può utilizzarla
 
Non sarà obbligatorio installare l’app e nemmeno condividere l’eventuale positività, ma se non la userà almeno il 60% degli italiani Immuni rischia di non funzionare al meglio, perché i dati saranno scarsi. Oltre a chi sceglie di non usarla, c’è chi non può: chi non ha uno smartphone, intanto. Chi non possiede un iPhone o un Android (quindi niente Windows o Blackberry, ma - pare - nemmeno gli ultimissimi Huawei, privi dei servizi Google).
 
Chi usa uno smartphone troppo vecchio: serve la versione 4 del Bluetooth. E, più in generale, non potrà usarla nessuno se Apple e Google non renderanno disponibili gli aggiornamenti che stanno studiando insieme. Dovrebbero arrivare fra un mese ed è improbabile che vedremo Immuni in funzione prima di allora: anche la più nota delle app di contact tracing, quella di Singapore, ignorava i dati degli iPhone. 
 
Ci sono poi molte questioni aperte: la sicurezza dei server, le garanzie sulla privacy, il codice dell’app. E soprattutto non è ancora chiaro come Immuni verrà integrata in una strategia complessiva di distanza sociale e controllo del virus. Ma senza l’app una Fase 2 pare impossibile.
 
La sfida
 
Per i quattro alfieri veneti della Bending Spoon la nuova fase inizia comunque a breve: il traguardo di maggio per rendere operativa e disponibile a tutti gli effetti la loro app è vicino.
 
Il commissario straordinario alla Presidenza del Consiglio, nell'ordinanza che dispone la stipula del contratto, chiarisce che la società concede "in licenza d'uso aperta gratuita e perpetua" non solo il "codice sorgente", ma anche "tutte le componenti applicative" della app Immuni, oltre a finanziare "autonomamente i propri costi" senza "alcun corrispettivo per il suo impegno".
 

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