Coronavirus in Veneto, la ricerca ora punta sul farmaco per la prostata

Un anti-tumorale già in commercio ha fatto regredire gli effetti del contagio su pazienti che lo assumono, avviata  la sperimentazione specifica contro il Covid-19
 
LABORATORIO VIROLOGIA COVID2 VIRUS OSPEDALE CISANELLO PISA - PISA CITTA SCENE VITA QUOTIDIANA ORDINAZA MINISTERIALE CHIUSURA EMERGENZA CORONAVIRUS - GIORNO 30..In caso di qualsiasi pubblicazione/ripubblicazione delle immagini/video, utilizzare esclusivamente nel contesto giornalistico specifico cui fa riferimento l'evento stesso della notizia, pena decadenza della Responsabilità e Manleve da parte dell'Auotre, come da art. 7 e 8.2, della Scrittura Contrattuale prevista da GEDI NEWS NETWORK.
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PADOVA. Per fermare il coronavirus potrebbe bastare un farmaco che già esiste ed è già in commercio, ma viene usato per curare i pazienti con tumore alla prostata: secondo l’indagine epidemiologica curata in queste settimane dal Vimm (l’Istituto Veneto di Medicina Molecolare) nessuno dei pazienti che già assume il farmaco si è ammalato di covid19.
 
La ricerca è naturalmente ancora in corso e dal Vimm ne parlano con la dovuta prudenza, ma i primi riscontri sono più che positivi. L’ipotesi per la sperimentazione è nata dalla collaborazione tra il professor Francesco Pagano, presidente della Fondazione per la Ricerca Biomedica Avanzata, la professoressa Monica Montopoli, ricercatrice Vimm e dalla professoressa Sara Richter, virologa e microbiologa del dipartimento di Medicina Molecolare dell’ateneo patavino.
 
La tesi si basa si una semplice constatazione: c’è un enzima che favorisce la diffusione del tumore nella prostata, e c’è già un farmaco (si tratta di una terapia ormonale) utilizzato per bloccarlo. Appurato che quello stesso enzima facilita anche l’ingresso del virus nella cellula, può funzionare la medesima terapia. «Una delle proteine utilizzate dal coronavirus per infettare le cellule» spiega il professor Alimonti «è infatti l’enzima Tmprss2, che è studiato come marcatore tipico del tumore alla prostata. E gli inibitori specifici sono utilizzati nella terapia oncologica. Alla luce delle evidenze che questa terapia è in grado di fermare lo sviluppo del tumore alla prostata, potrebbe rivelarsi efficace anche contro l’infezione da Sars-CoC-2».
 
«Qui al Vimm» continua il professor Pagano «lavoravamo già sul tumore alla prostata, quindi appurata la corrispondenza ci siamo mossi con la Regione per avere un riscontro epidemiologico: i risultati verranno pubblicati a breve ma sono molto incoraggianti. Possiamo dire che i malati di tumore alla prostata che assumono il farmaco non sono stati colpiti dal coronavirus. Il passo successivo, quindi, è stato il trial clinico che abbiamo già avviato».
 
Il professor Pagano sottolinea l’importanza di usare la dovuta cautela perché lo studio è ancora in una fase sperimentale. I dati però sono molto positivi e se la tesi fosse definitivamente confermata potremmo avere, dall’oggi al domani, un farmaco in grado di frenare l’epidemia. Il fatto di poter utilizzare un prodotto già in commercio, infatti, garantirebbe un grande vantaggio nella disperata corsa contro il tempo che prosegue ormai da due mesi: perché prima che un medicinale approdi sul mercato ci sono tre fasi sperimentali per dimostrarne la sicurezza e l’efficacia, poi è necessaria l’approvazione da parte dell’Ema (l’agenzia europea per il farmaco), dell’Aifa (l’agenzia italiana) e ancora il via libera delle regioni o, talvolta, delle singole asl. Passaggi che possono durare anni e che, se lo studio darà i risultati sperati, potrebbero essere bypassati in quanto già svolti. 

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