Coronavirus in Veneto, Moretti Polegato: nessuna fuga tra gli operai romeni

Il numero uno di Geox è console onorario di Bucarest dall'aprile del 1989: «Ripartiremo insieme più forti di prima»
L'ambasciatore di Romania George Gabriel Bologan a Treviso accolto da Mario Moretti Polegato
L'ambasciatore di Romania George Gabriel Bologan a Treviso accolto da Mario Moretti Polegato

TREVISO. Fu il primo Paese, a febbraio, a introdurre limitazioni per chi arrivava da Veneto e Lombardia. Oggi gli scambi tra Treviso e “l’ottava provincia veneta”, così erano chiamate Timisoara e la Romania ai tempi della delocalizzazione, sono azzerati. A capire cosa sta succedendo, e soprattutto quando (e se) ripartiremo come prima, ci aiuta il console generale onorario di Romania Mario Moretti Polegato, mister Geox. Che assicura: i rapporti ripartiranno da dov’erano rimasti.

In fondo quella dei rapporti tra imprese trevigiane (ma più in generale nordestine) e Romania è un racconto con i verbi ancora al presente, senza soluzione di continuità, un business che interessa 9.424 aziende del Nordest e muove, a livello nazionale, 14,39 miliardi di euro di scambi bilaterali l’anno (dato al 30 novembre 2018). Negli anni Novanta le imprese nordestine iniziarono ad “annusare” la Romania alla ricerca di manodopera. Oggi lo fanno ancora. Più di prima, si sono allargate ai Paesi limitrofi e c’è da scommettere che dopo questa “pausa” temporanea ripartiranno in fretta.

La Romania è stato il primo Paese a chiudere le porte ai viaggiatori veneti e lombardi, oggi - in piena emergenza - com’è la situazione?

«Di recente sono stati aperti alcuni voli di linea per trasferire cittadini romeni dall'Italia al loro Paese. C'era una determinata categoria di persone che si trovavano in Italia quando l'Italia ha chiuso i confini, e non potevano quindi rientrare nei loro Paesi. L'ambasciata di Romania a Roma ha pensato di instaurare una convenzione con le compagnie aeree Tarom e Blue Air per istituire dei voli da Torino, da Venezia e da Roma per il rimpatrio a Bucarest. Questi voli per chi li ha utilizzati non sono stati gratuiti: avevano condizioni speciali negoziate direttamente tra l'ambasciata e le compagnie romene. Non tutti ne potevano usufruire, soltanto le categorie autorizzate dai consolati e dalle ambasciate».

Di che categorie parliamo?

«Parliamo di chi lavora o lavorava negli alberghi italiani, perché sono chiusi. Chi lavorava nei frutteti e in agricoltura: molti lavori del primario stanno per iniziare ora, ma c'è stato un momento di blocco anche su questo. E ancora le badanti, quando è mancata la persona che avevano in cura; operai dei cantieri chiusi; diversi autisti di tir; altri casi di malattia. Sono stati rimpatriati bambini da 0 a 12 mesi che si trovavano a Milano per interventi al cuore; o ancora studenti che erano in Italia per il progetto Erasmus. Oltre alle persone più bisognose, senza soldi, senza dimora».

Alcuni imprenditori però lamentano la partenza di molti operai tornati in Romania dopo lo scoppio dell’epidemia.

«Il provvedimento non riguarda chi è regolarmente assunto in un’azienda italiana e lavora normalmente. Anche volendo, non ci sono più voli tra i due Paesi. Parliamo di un provvedimento basato sulla necessità, concepito quando è scattata la quarantena in Italia. Un provvedimento di emergenza e limitativo. Quindi no, non c’è alcuna “fuga” dei romeni per tornare nel loro Paese. Quei voli, infine, all’andata hanno riportato in Italia cittadini italiani che si trovavano per varie ragioni in Romania e sono stati autorizzati a tornare, Certo, non è uno scambio proporzionale rispetto a quelli che sono partiti».

Lei è d’accordo con le stringenti misure adottate dal governo italiano?

«Apprezzo le decisioni che sono state prese. Ci va di mezzo la vita, quella nostra e dei nostri figli. In queste fasi si supera il concetto dell'economia, e non ci sono altri commenti da fare».

Come saranno “dopo” i rapporti tra Italia e Romania?

«Dopo non so come saranno, oggi vedo che non si mandano più tecnici in Romania. E molte aziende romene hanno manodopera locale ma manager italiani, e si trovano in difficoltà. Quello della Romania è un business che interessa 9 mila imprese del Nordest, con scambi in continuo aumento, noi siamo uno dei primi partner commerciali, 15 miliardi di euro a livello nazionale di interscambio, con un traffico sempre più intenso. Gli investitori italiani in Romania stanno promuovendo progetti di economia circolare, specie per il riciclo di carta e cartone. Sono stati innescati numerosi processi virtuosi».

E questi non si perderanno, immaginiamo.

«Sono da 24 anni console generale onorario di Romania. Il consolato è stato eletto ad Asolo perché eravamo all'inizio della delocalizzazione verso quel Paese. Ho sempre visto i rapporti crescere, e un grande interesse sia da parte romena che italiana di lavorare insieme. Sono più che ottimista, questo continuerà. I romeni hanno molte affinità con noi, e ne sono orgogliosi. In questo momento difficile per entrambi lavoriamo insieme».

Com’è la situazione dal punto di vista sanitario?

«La diffusione del coronavirus è molto limitata rispetto a noi, ma ugualmente si sono prese delle misure di sicurezza, non restrittive come le nostre ma ci sono. Ripartiremo tutti insieme, forti come prima».

 

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