Covid, a un anno dal primo lockdown il Veneto piange oltre diecimila morti

Dopo il calo dei contagi di gennaio e febbraio, il Veneto sembrava procedere a passi lenti verso l’uscita dall’emergenza, e invece è proprio la notizia dell’8 marzo la chiusura delle scuole in tre zone del Veneto. Il governo studia nuove misure alla luce delle varianti virali  
 
epaselect epa08355897 A medical workers puts on Personal Protective Equipment (PPE) before starting to work in the intensive care unit (ICU) for patients infected with the coronavirus disease (COVID-19) at the Policlinico di Tor Vergata hospital, in Rome, Italy, 10 April 2020. EPA-EFE/GIUSEPPE LAMI
epaselect epa08355897 A medical workers puts on Personal Protective Equipment (PPE) before starting to work in the intensive care unit (ICU) for patients infected with the coronavirus disease (COVID-19) at the Policlinico di Tor Vergata hospital, in Rome, Italy, 10 April 2020. EPA-EFE/GIUSEPPE LAMI
VENEZIA. Centomila vite. Da quel 21 febbraio l’Italia ha pagato un tributo carissimo, fatto di dolore, paura, disperazione e morte. Nel giorno in cui nel nostro Paese si raggiunge il terribile record delle 100 mila vittime -l’otto marzo - il Veneto ne piange oltre 10 mila. 
 
Sembra ieri quando il Covid irrompeva nelle vite di tutti. Era il 21 febbraio e a Vo’ Adriano Trevisan diventava la prima vittima italiana del Covid. Da quel giorno l’epidemia ha iniziato a correre e oggi, a un anno dal primo lockdown nazionale, datato 9 marzo 2020, il presidente del Consiglio Mario Draghi, su impulso del Cts, si appresta a inasprire le misure di contenimento del virus. 
 
Fino a quando? La risposta potrà darla solo la campagna vaccinale, unica potente arma contro il Covid. 
Un’arma che però in Veneto, in Italia e nel resto d’Europa, non è ancora carica a sufficienza. Mancano le dosi. Solo quando partirà la vaccinazione di massa otterremo i benefici che oggi stanno facendo riaprire Israele, la Gran Bretagna.
 
Dopo il calo dei contagi di gennaio e febbraio, il Veneto sembrava procedere a passi lenti verso l’uscita dall’emergenza, e invece è proprio la notizia dell’8 marzo la chiusura delle scuole in tre zone del Veneto. 
 
A patient under treatment lies on a bed in the emergency COVID-19 ward at the Mellino Mellini hospital in Chiari, northern Italy, Monday, March 8, 2021. The 160-bed hospital in the Po River Valley town of Chiari has no more beds for patients stricken with the highly contagious variant of COVID-19 first identified in Britain, and which now has put hospitals in Italy’s northern Brescia province on high alert. (AP Photo/Luca Bruno)
A patient under treatment lies on a bed in the emergency COVID-19 ward at the Mellino Mellini hospital in Chiari, northern Italy, Monday, March 8, 2021. The 160-bed hospital in the Po River Valley town of Chiari has no more beds for patients stricken with the highly contagious variant of COVID-19 first identified in Britain, and which now has put hospitals in Italy’s northern Brescia province on high alert. (AP Photo/Luca Bruno)
 
LA SITUAZIONE IN VENETO
 
Il 'solitò calo dei contagi di inizio settimana - solo 757 casi in 24 ore, anzichè i 1.300-1.500 degli ultimi giorni - non genera illusioni in Veneto. Torna a crescere infatti l'incidenza del virus nella popolazione, e così scatta un'altra volta la chiusura delle scuole. 
 
Questa volta non in modo generalizzato, ma nei territori di 3 Distretti sanitari, Alta Padovana, Asolo e Veneto Orientale, dove le classi, dalla seconda media in su, torneranno in didattica a distanza. Ciò per il superamento dell'incidenza di 250 casi di Covid-19 ogni 100 mila abitanti. Lo ha annunciato
la direttrice regionale del Servizio di prevenzione, Francesca Russo
 
Nell'Alta Padovana, dove già quattro scuole erano state chiuse la scorsa settimana, l'incidenza è arrivata a 272 casi su 100 mila, il distretto di Asolo (Treviso) presenta un dato di 268 casi su 100 mila, il territorio dell'Ulss 4 Veneto orientale ha un'incidenza 302. 
 
Le chiusure saranno effettive tra 24-48ore.Il governatore Luca Zaia, nella consueta conferenza stampa alla Protezione Civile. ha spiegato che «la situazione è di preoccupazione. Abbiamo tre province con una curva di crescita visibile: Padova, Treviso e Verona. E questo si ripercuote sul
dato regional. Non possiamo abbassare la guardia» ha detto ilpresidente della Regione. 
 
Che ha poi annunciato l'arrivo di un nuovo piano di gestione ospedaliera. Con direttori generali della sanità, Palazzo Balbi ha deciso di uscire con un nuovo piano di sanità pubblica: «abbiamo il vantaggio di avere un'infezione quasi anticiclica, adesso con un piccolo incremento - ha spiegato il presidente - Si può risolvere, ma abbiamo l'obbligo di pensare ai Covid hospital, qualora fosse necessario ridurre le attività ospedaliere, per avere team di cura nei reparti di malattie infettive, nelle pneumologie e nelle terapie intensive».
 
Quanto ai numeri, il report delle ultime 24 ore parla appunto di 757 contagi (343.267 il totale da inizio dell'epidemia), mentre i decessi (12 fino a ieri mattina, 8 marzo e altri 25 in giornata) hanno superato la quota psicologica dei 10.000. Sono esattamente 10.003 le vittime, tra ospedali e case di
riposo.
 
 
CENTOMILA MORTI IN ITALIA, NUOVE RESTRIZIONI
 
L'Italia supera i 100mila morti  dall'inizio della pandemia e si colora sempre più di rosso a
causa delle varianti del virus che spingono verso l'alto la curva dei contagi e riportano in sofferenza gli ospedali, con le terapie intensive di 11 regioni già sopra la soglia critica del
30%. 
 
 
Chiusure e restrizioni decise dai governatori che potrebbero anticipare un nuovo intervento del governo: il Cts su richiesta del governo sta valutando i nuovi interventi. Le ipotesi sono delle chiusure generalizzate nei weekend, delle zone rosse più severe, come fu a Codogno nella prima ondata, e il criterio di 250 casi ogni 100 mila abitanti per entrare automaticamente in zona rossa.
 
A poco più di un anno dalla morte di Adriano Trevisan, il 78enne di Vò Euganeo che sarà ricordato per sempre come la prima vittima del Covid nel nostro paese, l'Italia supera dunque una soglia simbolica e inimmaginabile fino a 12 mesi fa: i morti per il virus il doppio di quelli di Aids, 34 volte quelli del terremoto dell'Irpinia, 50 volte quelli del Vajont, 300 volte quelli de l'Aquila. 
Le 318 vittime nelle ultime 24 ore portano infatti il totale a 100.103 e non è affatto finita visto che i ricoveri nelle terapie intensive e nei reparti ospedalieri salgono inesorabilmente (2.700 sono ora i pazienti in rianimazione, 34 più di ieri, e 21.831 quelli nei reparti ordinari, con un incremento di ben 687) e ci sono altri 13.902 positivi, 7mila meno di ieri ma con 90mila tamponi in meno, tanto che il tasso di positività resta stabile al 7,5%.
 
In una situazione simile, con «ogni vita che conta» come dice il premier Mario Draghi, mantenere le misure restrittive e anzi rafforzarle è l'unica strada possibile. «Le prossime ore non
saranno facili dobbiamo provare a piegare la curva e richiamare tutti alla massima attenzione», ribadisce il ministro della Salute Roberto Speranza.
 
Con il nuovo monitoraggio la maggior parte delle regioni finirà in fascia rossa e arancione (in giallo potrebbero rimanere solo Sardegna, Sicilia e forse Valle d'Aosta e Liguria) e dunque scatteranno le misure più restrittive, con la chiusura dei ristoranti anche a pranzo, in arancio, e dei negozi, in rosso.
 

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