Decine di studentesse dell'Università di Padova tempestate via chat da messaggi hot

La protesta delle associazioni degli studenti: «Si usano le informazioni ricavate dai gruppi whatsapp dei corsi»
La sede del Bo a Padova
La sede del Bo a Padova

PADOVA. Decine di studentesse molestate. L’ennesimo caso di molestie online questa volta coinvolge anche l’Università di Padova, alla vigilia della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Parte tutto dai gruppi WhatsApp dei corsi universitari: i numeri di telefono di decine di ragazze sono visibili, come quelli di tutti, e da lì il molestatore – “Filippo” è il nome che compare sul profilo e anche sulle pagine Facebook e Instagram riconducibili alla stessa persona – inizia a scrivere a moltissime ragazze. Si presenta, chiede informazioni generiche sul corso di laurea, e comincia a tempestare le sue vittime di messaggi che cercano di entrare sempre più nella loro intimità, fino ad arrivare a richieste di foto e invio di foto esplicite non richieste.

Negli ultimi giorni, solo a Padova sono state alcune decine le ragazze vittime di questa persona, che però ha “colpito”, in un lasso di tempo sorprendentemente breve, anche in molte altre università italiane, sempre con lo stesso modus operandi, sempre a partire dai gruppi WhatsApp e sempre inviando gli stessi messaggi, con un copia-incolla che dà l’idea del numero di ragazze che l’uomo in questione è stato in grado di contattare, a Verona, a Trento, a Ferrara, ma anche a Milano, Firenze, Roma e Napoli, stando alle numerose testimonianze riportate sui social, in particolare su Twitter.

«Fate attenzione», scrivono molte ragazze segnalando i numeri di telefono dal quale vengono inviati i messaggi predatori (l’account utilizzato è prevalentemente uno, ma gli stessi messaggi sono stati inviati anche da almeno altri due account con numeri e foto profilo differenti).

Qualcuna scrive di aver ricevuto messaggi dalla stessa persona già a settembre e a ottobre, e di aver liquidato la cosa dopo pochi messaggi. Un’altra, amareggiata, scrive: «Purtroppo siamo costrette, ancora una volta, a vivere nel terrore, e siamo costrette noi a difenderci piuttosto che gli uomini a essere educati». A Padova le due principali associazioni studentesche si sono mobilitate sui loro canali social per denunciare il fatto e raccogliere eventuali denunce e segnalazioni, che finora – fanno sapere – sono state circa una ventina. Un numero sicuramente lontano da una stima reale, che diventa impressionante se moltiplicato per tutti gli altri atenei da cui sono giunte le segnalazioni.

«Non c’è spazio per comportamenti violenti né qui né in nessun altro luogo – ha scritto il Sindacato degli studenti Link – È anche per questo che vogliamo l’istituzione di centri antiviolenza all’interno degli atenei; questi episodi di violenza dimostrano la reale urgenza di tali misure». Forte la presa di posizione anche di Studenti per Udu: «Siamo stanche. Siamo stanchi. La comunicazione online è fondamentale per poter continuare a vivere le nostre università in connessione, e pretendiamo rispetto».

Ci sono diversi canali attivi nell’Ateneo di Padova per segnalare situazioni di abuso, molestie e discriminazioni. In primis la Consigliera di fiducia, una figura volta a «garantire a tutti coloro che studiano e lavorano in università il diritto alla tutela da qualsiasi comportamento discriminatorio, soprattutto per quanto riguarda le molestie di tipo sessuale o morale».

La si può contattare all’indirizzo mail consiglieradifiducia@unipd.it. Ci si può rivolgere anche al Comitato unico di garanzia, un organo per le pari opportunità formato da rappresentanti di tutte le componenti dell’ateneo, all’indirizzo cug@unipd.it. È inoltre sempre attivo il servizio nazionale antiviolenza, raggiungibile gratuitamente 24 ore su 24 al numero 1522. —

 

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