Decreto Cartabia e diritto di cronaca: ecco per cosa si mobilitano i giornalisti
Manifestazione a Venezia indetta dal sindacato contro il “bavaglio all’informazione”: dalle Procure escono poche notizie. Incontro con il Procuratore generale della Repubblica Federico Pace

Questa volta in piazza c’erano loro a chiedere di essere ascoltati. Parliamo del gruppo di giornalisti che mercoledì 21 settembre è uscito dalle redazioni per partecipare al presidio contro il bavaglio all’informazione organizzato dal Sindacato giornalisti del Veneto e supportato dalla Federazione nazionale stampa italiana.
La mobilitazione si è conclusa in Corte d’Appello dove i giornalisti hanno incontrato il procuratore generale di Venezia Federico Prato che ha ascoltato le richieste della stampa.
Da tempo gran parte dei giornalisti sono infatti in difficoltà quando devono raccogliere informazioni su fatti di cronaca nera e giudiziaria perché le Procure sono blindate, in particolare quella di Venezia.
La conseguenza di questa chiusura, dovuta a una distorsione dell’applicazione del decreto sulla presunzione di innocenza, si riversa prima nel lavoro del giornalista e poi nell’opinione pubblica.
I cittadini hanno il diritto di conoscere che cosa succede nella loro città, ma se le Procure che detengono le informazioni non le comunicano ai giornalisti, come si può informare correttamente la cittadinanza?
Attualmente le Procure inviano saltuariamente dei comunicati stampa alle redazioni per poi chiudersi nel silenzio, ma in questo modo, senza la minima interazione, i comunicati stampa diventano una sorta di velina.
Tutto nasce dal Decreto Cartabia e dall’interpretazione del principio di presunzione d’innocenza che dà soltanto al Procuratore Capo la possibilità di interfacciarsi con i giornalisti e di decidere che cosa è di interesse pubblico o meno.
Se a questo si aggiunge, come ha ricordato Beppe Giulietti della Fnsi, che fioccano sempre di più le querele contro i giornalisti e che l’Italia è al 58° posto come libertà di stampa, vicino all’Ungheria di Viktor Orban, si può capire quanto sia fondata la preoccupazione degli addetti ai lavori.
«Non siamo contro il Decreto Cartabia e già quando scriviamo seguiamo una deontologia che ci obbliga a rispettare la presunzione di innocenza, ma chiediamo alle fonti ufficiali di darci le informazioni di cui abbiamo bisogno» ha detto Monica Andolfatto, a capo del Sindacato.
«Se non si spiega ai giornalisti la dinamica degli eventi il rischio è quello di dare notizie sbagliate» ha aggiunto Giuliano Gargano, presidente dell’Ordine dei Giornalisti. Il Procuratore generale Prato ha ascoltato quanto la stampa aveva da dire, dimostrando attenzione e apertura. «Il 20 e 21 ottobre ci sarà una riunione di tutti i procuratori generali d’Italia per rendere la comunicazione istituzionale la più omogenea possibile su tutto il territorio nazionale» ha detto. Insomma, quello che si chiede è che ci sia una relazione tra chi ha le fonti primarie e chi le deve comunicare, senza ovviamente mettere in pericolo le indagini in corso.
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