«Destabilizzare il sistema, questo è il losco piano di Maniero»

PADOVA. «La lettera rientra in un chiaro piano di destabilizzazione del sistema penitenziario iniziato da qualche anno». Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, è uno dei destinatari delle missive scritte da Felice Maniero e dagli altri detenuti. Tuttavia, dal suo punto di osservazione la situazione è molto chiara.
Paradosso
«Fermo restando che molte cose scritte nell’esposto inviato alla Procura potrebbero essere vere, fa specie che detenuti di calibro delinquenziale notevole si ergano a difensori dei poliziotti penitenziari e del sistema penitenziario» continua Di Giacomo. «L’incapacità gestionale delle carceri ha portato a questi paradossi in cui delinquenti approfittano delle fragilità del sistema per cercare di destabilizzarlo. Una cosa è certa, che se non si mette mano immediatamente ad una revisione totale della concezione di carcere, in cui lo Stato riprenda il controllo degli istituti di pena, il rischio rivolte sarà sempre in agguato».
Il bilancio
Il periodo del lockdown è stato caratterizzato anche dalle rivolte in molti penitenziari italiani. Il bilancio finale indica 14 morti e 70 evasi. «Tutto quello a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi ha messo a nudo la fragilità di un sistema che fa acqua da tutte le parti» continua Di Giacomo. «Negli ultimi anni abbiamo denunciato che i detenuti hanno il pieno controllo delle carceri e che riescono a gestire i loro traffici, riuscendo ad impartire ordini all’esterno». Dunque, secondo Di Giacomo, anche l’atteggiamento di Felice Maniero, la sua “rivoluzione” da dentro, la sua capacità di coalizzarsi anche con altri personaggi di spessore criminale come i firmatari dell’esposto, si inseriscono in questo contesto. «È un delinquente e resta tale», conclude Di Giacomo.
Problemi comuni
Riccardo Panella, responsabile di Cgil Penitenziaria a Voghera, è cauto: «Maniero, per me, è un detenuto come tutti gli altri. Detto questo, nelle istituzioni carcerarie ci sono state evidenti difficoltà con la pandemia ma sono state comuni a molte realtà. La struttura di Voghera soffre la mancanza di personale, tant’è che fanno turni particolari con straordinari. Certo, non ritengo opportuno entrare nel merito, visto che c’è un’indagine in corso».
Tensioni
Sono stati mesi difficili, quelli di febbraio, marzo, aprile, maggio e giugno. Tra i detenuti, consapevoli della spaventosa curva quotidiana dei morti e dei contagiati, aumentava la paura e la sensazione di non essere tutelati. Del resto, l’esigenza di evitare assembramenti e limitare gli spazi comuni non si sposa con una realtà come quella del carcere, dove il distanziamento sociale è impossibile. Le celle sono piccole e sovraffollate, i metri quadrati a disposizione di ogni singolo detenuto sono pochi. In questo difficile contesto prende forma quella che forse sarà l’ultima faccia di Maniero. —
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