Dopo “Faccetta nera” Donazzan isolata in FdI e oscurata dai social, Meloni in giunta voleva Gardini o Speranzon

VENEZIA. Isolata nel partito e oscurata dai social dopo la chiusura degli account di Facebook, Twitter e Instagram, Elena Donazzan - come ogni martedì - ha partecipato da remoto ai lavori della giunta con il presidente Zaia. Nessuno degli assessori ha sollevato il caso “Faccetta nera” e a invocare le dimissioni sono i partiti dell’opposizione che in consiglio regionale contano come il due di spade quando va di denari: 10 contro 40, mozione respinta prima di essere depositata.
Zaia ha vinto con il 76% e quindi non resta che il dibattito nella società civile per tenere alto il confronto. L’appello più autorevole al rispetto del ruolo istituzionale è arrivato dalla comunità ebraica di Venezia: l’assessore con il “suo operato ha offuscato pesantemente il prestigio della Regione Veneto” hanno detto Noemi Disegni e Paolo Gnignati.
Zaia però non ha nemmeno scritto una lettera formale di richiamo alla Donazzan, anche se gli assessori giurano che non finirà così. Se lo augurano in primis i consiglieri regionali di FdI che hanno deciso di non aprire bocca in difesa della loro collega di partito. Silenzio assoluto. A Venezia come a Roma. Anzi.
Giorgia Meloni ha palesato notevole disagio di fronte alla performance canora della Donazzan, che ha rivalutato il ruolo di Mussolini tra una battuta e l’altra con Cruciani e Parenzo. La leader di FdI in ascesa nei sondaggi sta facendo i salti mortali per girare pagina con il passato e accreditarsi come leader Ue di una destra moderna e non integralista.
L’uscita dell’assessore regionale all’Istruzione che canta “Faccetta nera” imbarazza tutto il partito e vanifica il lavoro della Meloni, da poco presidente dei conservatori europei, racconta un deputato. Anzi, l’episodio rafforza ancora di più l’idea che FdI in giunta regionale debba essere rappresentato da Elisabetta Gardini o Raffaele Speranzon: questi sono i nomi che a settembre la Meloni aveva indicato a Zaia che invece ha riconfermato Elena Donazzan.
Un appello a girare pagina arriva dall’Istituto di storia della Resistenza di Venezia: «Mentre ci apprestiamo a celebrare il Giorno della Memoria, l’uscita pubblica dell’assessore Donazzan ci ricorda tutto il lavoro che rimane da fare per insegnare la storia di violenza, soprusi e intolleranza che il fascismo è stato e di cui la persecuzione degli ebrei non è stato che l’ultimo e tragico atto. Nel condannare il fatto che una figura istituzionale possa esprimersi in quei termini, ribadiamo il nostro impegno per la ricerca e lo studio della storia del fascismo e del ruolo della resistenza per la fondazione di un’Italia democratica, i cui valori sono sanciti nella nostra Carta costituzionale», si legge nel documento firmato da Iveser, Isbrec, Istresco, Istrevi, IVrR, Centro Luccini.
Agli storici resta un dubbio amletico: come riesca Zaia a conciliare il suo attaccamento ai valori della Resistenza quando è a fianco del presidente Mattarella, con la stima che nutre verso l’assessore Donazzan, che si rifiuta di cantare Bella ciao, l’inno dei partigiani conosciuto in tutto il mondo. Mistero. In attesa che il dibattito politico faccia il suo corso, non resta che capire fino a quando durerà l’esclusione dai social: «Il tuo account è soggetto a restrizioni. I tuoi post precedenti non rispettavano i nostri standard della community, pertanto non puoi pubblicare contenuti o commentare» ha scritto Facebook. Lei parla di «bavaglio: hanno colpito anche i miei followers”. Tutti muti per un po’». Nel tempo libero conviene rileggere qualche buon libro sulla storia del fascismo.—
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