DOPO LE ELEZIONIFilippin: "Entro giugno le basi per costruire il Pd del Nord"
Dice la segretaria regionale del partito di Bersani: "Voglio vedere se è possibile farlo questo partito del Nord, ci sto provando, ci stiamo provando. Entro giugno devo vedere qualcosa. Se non ci riuscirò, se sarà un fallimento, passerò la mano a qualcuno di più bravo". L'autocritica: "Ogni volta ci siano fermati, ogni volta persi per strada. Perché? Perché abbiamo ancora un piede nel passato, perché diamo sempre la responsabilità a qualcun altro, perché abbiamo scambiato l’amministrazione per la politica, perché non riusciamo a immaginarci il mondo, altro che il Nord"

Rosanna Filippin
VENEZIA. «Sono stanca di seguire la Lega, non ne posso più, voglio trovare la mia strada». Lo dice la segretaria regionale del Pd, Rosanna Filippin. Lo dicono tutti. È iniziato il grande bagno dell’autocoscienza democratica, quelle sedute da film americano in cui uno si alza e dice: sono un alcolista e non bevo da tre giorni (sono un democratico e da cinque anni sono in astinenza da voti). Nella finzione il protagonista ne esce fresco e pulito, da noi dovrebbe uscire senza l’ossessione della Lega. Con un’idea precisa di cosa intende per «partito democratico del Nord», anzi con qualcosa di più di un’idea, un partito nuovo, totalmente rifatto, politicamente irriconoscibile, una formazione dai comportamenti inediti e dalle condotte nuove, esente da rischio ricadute, lontana dalle nostalgie.
Nei film il protagonista smette la bottiglia, trova un nuovo amore, tutti lo apprezzano e gli vogliono bene (tornano a votarlo). In politica è diverso. ieri la segreteria regionale ha riunito i segretari provinciali. Il tema è stato discusso, poi riuniranno la direzione allargata e il rovello sarà ulteriormente sviluppato e approfondito. Andrà come nei corsi di scrittura creativa, quei posti dove gli aspiranti scrittori si affollano attirati dall’illusione che il genio (l’invenzione politica) si possa acquisire con lo studio (la buona amministrazione del Pd) e poi l’opera viene da sola, il capolavoro esce, sgorga come la felicità dal felice, l’amore cercato si trova, basta incaponirsi, nel nostra caso basta scervellarsi sul partito del Nord per ricreare il mistero, riprodurre la fascinazione onirica e lo slancio, in sostanza la fascinazione e la vita che una libera associazione privata tavolta esercita e distribuisce su tutti i cittadini, governandoli, ispirandoli e trascinandoli.
È già successo in passato, col Pc, la Dc, il Psi. Succede con la Lega e l’Idv. Ora non più, ora si cerca l’antica formula, la sapienza perduta. Rosanna Filippin tutto questo lo sa e sa anche che se ne deve liberare, sa che non si cerca la pietra filosofale, non si riproduce in vitro il miracolo di una vita-partito, la si trova per caso, ci si inciampa sopra. Come ci è inciampata la Lega. Eppure lo deve fare, come sa che in molti nel Pd si attardano ipnotizzati sulla Lega quasi fosse lo scheletrino di Lucy, in cerca dell’anello mancante, convinti che lì possa stare il segreto capace di trasformare un partito sulla via dell’irrilevanza nel futuro carburante della politica italiana. «E che altro posso fare, dimettermi come qualcuno chiede? No, non lo faccio, per carattere e convinzione, perché prima voglio vedere se è possibile farlo questo partito del Nord, ci sto provando, ci stiamo provando. Entro giugno devo vedere qualcosa. Se non ci riuscirò, se sarà un fallimento, allora passerò la mano a qualcuno di più bravo».
Con la Lega stanno in tossicodipendenza. «Ovvio, i temi sembrano essere solo i loro, la Lega abbacina, strega e soggioga. Detta l’agenda, la grande illusione di massa. Eppure gratta la vernice e ti accorgi che non c’è niente, sotto le ronde niente, il Carroccio ha fatto un ottimo sindacalismo territoriale senza avanzare proposte politiche nuove, ha fatto rivendicazione, esercitato il presidio territoriale, ha cavalcato il disagio e, alla fine, ha usato il Nord come tratto distintivo. Magnifico lavoro. E solo perché gli è andata bene devo farmelo piacere? Devo copiarlo? No, io devo rilanciare la mia idea di Nord, che è un’altra cosa».
Ecco: la cosa, la cosa che si invoca continuamente e non c’è, la cosa che si studia e non viene, l’opera politica al corso di scrittura creativa, l’amore cercato su Facebook. «Lei mi chiede se quella cosa ce l’abbiamo? No che non ce l’abbiamo, è orribile e triste dirlo, ma è così: non ce l’abbiamo. Non ancora. Ad ogni batosta elettorale siamo attorno ad un tavolo, e via, giù con i modi di mettere l’oggi nel presente, cerca e prova a tradurre il partito nel nuovo della gente. Ogni volta ci siano fermati, ogni volta persi per strada. Perché? Perché abbiamo ancora un piede nel passato, perché diamo sempre la responsabilità a qualcun altro, perché abbiamo scambiato l’amministrazione per la politica, perché non riusciamo a immaginarci il mondo, altro che il Nord».
Argomenti:elezioni regionali 2010
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