Esplosione alla centrale di Suviana: primi indagati per i sette morti

Tra le persone che persero la vita in sei secondi il 9 aprile 2024 nella centrale Enel Green Power nel Bolognese, anche il padovano Adriano Scandellari. Altri due lavoratori veneti rimasero feriti. Cinque le persone finite sotto inchiesta

Tommaso Romanin
L'intervento dei soccorritori subito dopo l'esplosione alla centrale sul lago di Suviana
L'intervento dei soccorritori subito dopo l'esplosione alla centrale sul lago di Suviana

Dopo un anno e un mese ci sono i primi cinque indagati per l’incidente del 9 aprile 2024, quando un improvviso scoppio sotterraneo uccise sette lavoratori impegnati in un collaudo ad un generatore della centrale idroelettrica di Enel Green Power di Bargi, sul lago di Suviana e ne ha feriti altri sei, facendo crollare e allagare parte della struttura.

Tra le vittime anche il padovano di Ponte San Nicolò Adriano Scandellari di 57 anni. Altri due veneti rimasero feriti: Stefano Bellabona, 55 anni di Noventa Padovana, e Sandro Busetto, 59 anni di Venezia.

I vigili del fuoco hanno lavorato in questi mesi per svuotare dall’acqua i locali dell’impianto sull’Appennino bolognese, arrivando al piano meno cinque. Operazioni andate avanti a rilento, per la particolarità delle condizioni ambientali e la necessità di avere garanzie di sicurezza. Ora, per poter procedere con gli ulteriori piani e soprattutto per far recuperare ai sommozzatori, staccandoli materialmente dalle pareti, alcuni componenti elettronici ritenuti fondamentali per ricostruire le cause di quello che è successo, in combinazione con l’analisi delle scatole nere, la Procura di Bologna disporrà un accertamento irripetibile.

E così il fascicolo, fin qui contro ignoti, ha visto le prime iscrizioni, per i reati di disastro colposo, omicidio colposo sul lavoro plurimo e lesioni colpose sul lavoro. A questo punto le parti, indagati e persone offese, saranno formalmente avvisate e potranno nominare consulenti da affiancare a quelli scelti dai pm.

Nella relazione preliminare depositata a novembre, gli esperti, pur senza poter raggiungere fisicamente il luogo dello scoppio, hanno chiarito che tutto è avvenuto in circa sei secondi. Obiettivo degli inquirenti (pm Flavio Lazzarini e Michela Guidi) è capire non solo come e perché si sia verificato, ma soprattutto se ci fosse un margine di prevedibilità e se l’ambiente di lavoro fosse adeguato al collaudo di un generatore, che si stava svolgendo tra i piani –8 e –10.

I periti avevano sottolineato che il disastro potrebbe essere stato provocato dalla rottura di un componente dell’alternatore, per fatica o per qualche altro fenomeno che ha “bloccato” (frenato violentemente) l’albero sotto il rotore, lato turbina.

In conseguenza di ciò il movimento rotatorio per inerzia avrebbe tranciato un collegamento dell’albero dell’alternatore facendo collassare il gruppo, provocando la fuoriuscita di olio dei cuscinetti e le fiamme che si sono sviluppate. Una causa meccanica quindi, compatibile con le dichiarazioni dei testimoni. Tutto, in definitiva, sarebbe accaduto in soli 6,2 secondi. Si può quindi ipotizzare che l’incidente nasca da una sollecitazione meccanica. Una delle ipotesi avanzate dai periti è che il cedimento meccanico che ha fatto collassare il gruppo sia stato provocato dal distacco di un polo dell’alternatore.

Gli esperti avanzano però altre cinque ipotesi: il fenomeno di cavitazione che potrebbe aver causato la rottura di una pala di turbina; anomalie nel funzionamento di un cuscinetto; un’anomalia nella chiusura della valvola rotativa; un’anomalia nella chiusura del distributore; variazioni di pressione a elevata frequenza. Servirà altro tempo per avere qualche risposta più chiara.

 

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