ESTEBuco da quattro milioni, bancario si dimette e sparisce

Stefano Berton, consigliere comunale del Pd e funzionario della Banca di credito Cooperativo di Sant'Elena, avrebbe così aiutato famiglie in difficoltà. Si è dimesso inviando una lettera di spiegazioni e si è reso irreperibile
Stefano Berton
Stefano Berton
ESTE.
Una lettera di dimissioni in banca e un'altra in municipio a Este. Con due lettere Stefano Berton, funzionario della Banca di credito Cooperativo di Sant'Elena e consigliere comunale di Este, ha deciso di congedarsi. Facendo venire a galla un buco milionario.


Un buco frutto di una frode ai danni di alcuni clienti della Bcc. Un dramma non da poco: economico, politico e umano. Soprattutto se, dietro a tutta questa bagarre, si celasse in realtà un Robin Hood. E' quanto trasparirebbe da una parte della lettera non ancora resa nota.


Le dimissioni.
Stefano Berton lavora alla Bcc di Sant'Elena come funzionario. Lunedì mattina, alle 8.30, il dipendente ha consegnato una lettera di dimissioni. «Con la comunicazione c'era un promemoria - spiegano i vertici della Bcc in una nota - con cui il funzionario si accusa di comportamenti contrari alla deontologia professionale e a direttive e protocolli operativi vigenti in questo istituto». Contemporaneamente, al sindaco Giancarlo Piva sono giunte le dimissioni da consigliere comunale: «per problemi - scrive Berton - di salute e familiari».


Le colpe.
Dopo le dimissioni, Berton si è reso irreperibile, annunciando che si rifarà vivo tra due settimane. Ma di quale colpa si sarebbe macchiato il cinquantasettenne? Lo ha spiegato ieri il presidente della Bcc Francesco Marchesini: «Nel promemoria il funzionario espone di aver operato utilizzando fondi di quattro nuclei familiari, con i quali intratteneva un rapporto fiduciario esclusivo, per finalità improprie. Ciò, se confermato, determinerebbe che le somme di queste quattro famiglie non sarebbero state reimpiegate come concordato tra lui e gli aventi diritto, ma usate per finalità difformi».


L'attività illecita di Berton sarebbe avvenuta fuori da qualsiasi organo di controllo: avrebbe operato tra le mura domestiche. «Per mascherare la propria condotta - dicono alla Bcc - il funzionario avrebbe indebitamente utilizzato carta intestata della banca, per inoltrare alle famiglie danneggiate falsi rendiconti e informazioni, peraltro con modalità e forme totalmente difformi da quelle normalmente in uso per simili comunicazioni». Il danno ipotizzato, secondo l'istituto, è di quattro milioni di euro. Copia del promemoria è stata messa a disposizione dell'autorità giudiziaria: sarà valutato se il contenuto evidenzi o meno fatti di rilevanza penale. Berton potrebbe essere accusato di truffa e appropriazione indebita.


La Bcc di Sant'Elena ha già convocato le quattro famiglie e spiegato loro l'accaduto. «La vicenda - chiudono dalla banca - è stata posta in essere al di fuori delle procedure ordinarie di gestione della Bcc e, pertanto, non è suscettibile di ripercussioni rilevanti sull'operatività ordinaria e sulla solidità del nostro istituto, in considerazione sia delle coperture assicurative che dell'elevato livello di patrimonializzazione dello stesso».


Truffa per beneficenza?
La lettera in cui si autoaccusa e fornisce gli estremi del suo comportamento conterrebbe anche una spiegazione dell'uso del denaro (ma questa parte della missiva non è stata resa nota ufficialmente dalla banca). Secondo indiscrezioni, Berton spiegherebbe di aver prelevato i ricavi degli investimenti, in contanti, distribuendoli a famiglie bisognose. Il funzionario non avrebbe resistito alla tentazione di aiutare queste persone, dopo aver ascoltato i loro problemi. Il meccanismo messo in moto da Berton sarebbe divenuto incontrollabile: dal 1998, avrebbe spiegato in questa lettera, avrebbe destinato queste somme (in alcuni casi vicine ai 50 mila euro) ad almeno cinquanta famiglie in difficoltà, anche al di fuori della clientela della banca. Berton, per aiutare queste persone, avrebbe prelevato somme anche dal proprio conto, senza informare i familiari. Il bancario ammetterebbe le proprie colpe, sottolineando di non voler scappare, di essere pronto a mettersi a disposizione dell'autorità giudiziaria e di voler meditare fino all'11 ottobre.

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