Fini non ha diffamato Barbareschi e il giudice assolve il giornalista

L’attore e produttore era finito con i suoi eccessi nell’autobiografia scritta dall’ex amico 
Cristina Genesin

il caso



Barbareschi contro Fini, zero a uno. Niente da fare per l’enfant prodige del teatro italiano con la passione dei nuovi autori made in Usa, il sacro fuoco della politica (di Gianfranco Fini, ex Msi, è stato ispiratore finanche del nome di quella creatura, Fli–Futuro e libertà, dall’esistenza breve come una farfalla), il sogno del cinema con più successo da produttore che da attore e una vita anche di eccessi. Nessuna diffamazione da parte di Massimo Fini, il 77enne giornalista controcorrente (per non dire eternamente bastian contrario) firma di almeno un centinaio di testate, editorialista e saggista tanto importuno da finire in più di qualche guaio giudiziario. Giornalista che quegli eccessi di Barbareschi – a suo dire – li aveva raccontati in alcune pagine dell’autobiografia “Una vita. Un libro per tutti. O per nessuno” (2015, Marsilio), stampato dalle Grafica Veneta di Trebaseleghe (da qui la competenza del tribunale di Padova). Ma stavolta a cinque anni dalla querela presentata da Barbareschi, Fini esce vittorioso. Nessuna diffamazione nei confronti dell’attore-regista-produttore, un’amicizia durata 35 anni aveva detto al processo l’imputato, difeso dalla penalista Orietta Baldovin con la collega Caterina Malavenda. Un’amicizia mai esistita aveva puntualmente rimbeccato la parte offesa, costituito parte civile (con l’avvocato vicentino Alessandro Moscatelli) e pronto a presentare il conto: 75 mila euro di risarcimento per lui e 50 per la moglie. «Assolto perché il fatto non costituisce reato» ha dichiarato ieri il giudice padovano Beatrice Alcaro, sia pure con la formula che la prova è incerta o contraddittoria. La conseguenza? Nessun risarcimento e motivazione prevista tra 90 giorni. Nella prima edizione del libro, poi depurato da quella narrazione, Fini aveva rievocato due notti tra il 2012 e il 2013 quando Barbareschi sarebbe piombato nella sua casa di Milano a caccia di soldi in contanti.

«Era in condizioni spaventose. Non do giudizi sulle perdizioni altrui. Ma quella sera ... gli dissi “Luca fermati”... Aveva una certa vocazione per l’autodistruzione» si legge nel capo d’imputazione che riporta le frasi sotto accusa e poi tagliate. In aula le due segretarie di Fini avevano confermato che la mattina successiva a quei blitz notturni, il giornalista era sconvolto. E nel maggio scorso, in aula, Fini aveva chiarito: «Ho deciso di tagliare quelle pagine dall’edizione del libro per due motivi. Il primo: i media di gossip si sono concentrati su quelle pagine decontestualizzando tutto. Il secondo è che ho ferito la sensibilità di una persona che frequentavo da almeno 30 anni» In un’udienza a porte chiuse il 19 settembre 2019 Barbareschi, kippah in testa, pur non smentendo un’esistenza trasgressiva, aveva negato i due episodi collocati in un momento di profondo cambiamento anche grazie all’incontro con la nuova compagna di vita nel 2009. Davanti alla giustizia è andata diversamente. —

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