«Flavio tieni duro, sei il nostro rompighiaccio»
Tosi scherza con i militanti: «Magari sono solo un rompic... »

Flavio Tosi sindaco di Verona A destra gli assessori veneti Roberto Ciambetti e Daniele Stival
«P erché vieni con due macchine? Perché cacciate la gente dalla Lega? E chi ti paga la benzina?». L'assessore Stival trasecola, Ciambetti si irrigidisce, la domanda gela l'assemblea dei cacciatori leghisti dell'Alto Vicentino. Qualcuno dalla platea vorrebbe zittire l'impunito, ma è Flavio Tosi, il sindaco di Verona, invitato di riguardo, che ferma tutti e risponde. «Quando, come questa sera, viaggio per scopi non istituzionali, la benzina la pago io. In quanto alla macchina, è del concessionario Vicentini, in comodato d'uso mentre l'autista è un militante della Lega pagato dalla Lega. Spunto dal Telepass il costo dei tratti stradali quando faccio viaggi come questi». Anche Stival si giustifica: «Giro con la mia macchina, tra due mesi fa quattro anni e ha 270 mila chilometri. Il rimborso chilometrico regionale vale da casa mia alla Regione, non quando vengo qui». Sandrigo, un'insospettabile sala riunioni ricavata nel seminterrato dell'Antica Osteria Scaldaferro: se le divagazioni di un'assemblea dedicata alle peppole e al tordo valgono a qualcosa è per segnalare i mal di pancia della base leghista che non risparmiano nemmeno gli esponenti locali più rispettati e amati, come il sindaco di Verona accolto come una rock star. La base leghista, convinta che l'onestà sia una costante etnica da queste parti, non gradisce i salvataggi romani dei Milanese e dei Romano, si chiede perché mandare in galera Papa e salvare gli altri furbacchioni, si domanda soprattutto per quanto ancora dovrà onorare il patto di fedeltà Bossi-Berlusconi prima che la fiducia si esaurisca del tutto. Flavio Tosi, parla e spiega. Lo fa dopo che il Comitato federale del Carroccio ha emanato un decalogo del silenzio che sembra tagliato su di lui: «Abbiano votato l'arresto del deputato Papa perché potevamo farlo senza far cadere il governo, abbiamo salvato il deputato Milanese e il ministro Romano perché, in caso contrario, il governo sarebbe caduto. Da schifati e col magone». E già qui il sindaco di Verona è da matita blu: il Federale leghista - al punto 3 - gli vieta di occuparsi di cose che non siano le sue, lo stesso per presidenti di regione e provincia, pena «la possibile espulsione». «Milanese era il vice di Tremonti, con lui sarebbe caduto il governo, Romano è un ministro, andrà a giudizio e poi vedremo. Comunque è così: ci tocca votare cose che ci fanno un po' schifo. Io spero che qualcuno nel Pdl sia in grado di convincere Berlusconi a farsi da parte. So che non tutto è colpa sua, ora ci dice che siamo nella cacca, ma non credo non lo ignorasse, aveva solo in mente le elezioni del 2013. I mercati, però, non si sono fatti imbrogliare. Compie 75 anni e vuol fare il presidente vita; se io capisco che sto sulle balle ai veronesi non aspetto una mozione di sfiducia del consiglio comunale per andarmene. Spero in Alfano, è una brava persona, spero sia in grado di convincerlo». Rassegnata la risposta sul federalismo: «Arriva nel momento peggiore, ci vorranno degli anni per vederne gli effetti». Nero l'umore di Roberto Ciambetti, il Tremonti veneto. Affettuoso l'abbraccio dei militanti alla fine che incoraggiano: «Tosi, tieni duro, sei il nostro rompighiaccio». «Magari - risponde lui - sono solo un rompicoglioni».
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