Gajo: «Un nuovo inizio dopo la pandemia: imprese in prima linea per la sostenibilità»

Coronavirus in Veneto, il finanziere trevigiano sul futuro post Covid-19: «Tutti noi dobbiamo cercare di azzerare l’inquinamento e il riscaldamento globale»

TREVISO. Il virus come lievito di un cambiamento epocale. «E come motore di un mondo in cui la classe imprenditoriale dovrà essere in prima linea per azzerare l’inquinamento e il riscaldamento globale» precisa Gianni Gajo, imprenditore trevigiano che con la sua Alcedo, una boutique finanziaria fondata da lui stesso nel 2000, ha cercato di inoculare nella classe imprenditoriale la cultura delle alleanze.

Tre sono i temi sui quali con Gajo si potrebbe parlare per ore: le imprese, i libri e gli scenari che si prefigurano dopo lo sconvolgimento generato dalla comparsa del Covid-19. Gajo è estremamente sensibile alle tematiche ambientali ed è un lettore accanito di saggi e romanzi, un’attidudine affinata negli anni giovanili trascorsi a Milano come alter ego dell’editore Franco Angeli.

Come un perfetto sciatore, lui che con la moglie Alessandra ha il suo buon retiro in un paesino aggrappato tra i boschi del Cadore, fa lo slalom tra Rigoni Stern e Montaigne, Seneca e Massimo Fini, con un posto d’onore per Carlo Maria Cipolla, il divulgatore più originale della storia economica con il suo Trattato sulla stupidità.

Gajo nella sua vita è stato manager e uomo d’impresa prestato alla finanza, uno che ha conosciuto le linee di produzione di centinaia di medie aziende di cui non leggerete mai una riga. Sono oggetti non identificati, capannoni nascosti alla destra o alla sinistra del Piave o nelle valli vicentine, di cui l’inventore di Alcedo conosce ogni ruga sul volto dell’imprenditore che le ha tirate su.

Alcedo nasce nella fase aurea del Nordest, all’indomani dell’uscita di Gajo dalla Finanziaria internazionale di Enrico Marchi e dalla 21 investimenti di Alessandro Benetton. Fioccano subito le operazioni speciali e gli accordi con aziende dalle potenzialità ancora inespresse.

«Una cinquantina di medie aziende in oltre 20 anni, in cui la nostra presenza con capitale di maggioranza o di minoranza di solito non dura mai più di un lustro» spiega. Tra queste ci sono la Pixart printing di Matteo Rigamonti (comprata a sette volte il suo valore dal suo concorrente americano dopo la cura Alcedo) e la Nice di Lauro Buoro che produce cancelli automatici e sistemi di sicurezza, per la quale Gajo continua ad esercitare il ruolo di consigliere per le operazioni speciali. Alcedo riorganizza le imprese, razionalizza le strutture di comando, valuta la quotazione in borsa e l’eventuale acquisto dei concorrenti.

Operazioni alle quali lavorano un gruppo di affiatati professionisti guidati fino a tre anni fa dall’amministratore delegato Maurizio Masetti, poi scomparso prematuramente. Un lavoro che vale ad Alcedo l’aggiudicazione per due volte del premio Claudio De Mattè come miglior fondo di private equity.

Ma questo è il passato, inframezzato da un accordo che nel 2019 spinge Gajo a stringere un’alleanza con Mediobanca per lo sviluppo delle piccole e medie imprese nordestine. E ora, dopo la catastrofe pandemica che ha sconvolto il pianeta, come reagiranno gli imprenditori? Gajo sorride strizzando gli occhi azzurri incorniciati dai capelli candidi, come se cercasse l’argomentazione più calzante per spiegare quello che è avvenuto nel marzo del 2020.

Racconta: «Partiamo da casa nostra: la Pianura padana ormai da oltre un quarto di secolo è una camera a gas. Vogliamo infischiarcene o le aziende sentono il dovere di essere tra i protagonisti di una grande operazione culturale prima che imprenditoriale?»

Ovviamente la domanda è retorica. Gajo scalpita e tratteggia il suo scenario: «C’è bisogno di un salto antropologico, di una sorta di homo novus: se gli imprenditori non capiscono adesso che l’unione fa la forza, non lo capiranno mai più».

L’inventore di Alcedo, che nella sua rappresentazione latina è un martin pescatore, una variante del merlo parlante, ha solo un timore: che tutto torni come prima: «Quella che si srotola davanti i nostri occhi è una colossale opportunità: già negli anni 70 il modello di sviluppo aveva mostrato tutti i suoi limiti, un mondo impazzito in cui molti di noi si sentivano terribilmente a disagio. Va rivista radicalmente la scala dei valori. Il pianeta è fragile e gli esseri umani ne hanno colpevolmente abusato. Si viaggerà ancora? Certo che si viaggerà, anche se con più moderazione. Si produrrà? Certo che si produrrà, ma tutti i processi e i prodotti dovranno superare un esame di sostenibilità».

Se questa è la direzione di marcia, alle aziende non resta che una strada: «Ci vuole un New Green Deal, aggregazioni a pioggia, riorganizzazioni aziendali intelligenti e una politica più marcatamente keynesiana. I primi segnali sono incoraggianti. Subito dopo l’esplosione del Covid-19, un’ottantina di aziende, tra le quali molte che producono disinfettanti, si sono alleate come se rispondessero tutte a una medesima esigenza. In Italia le aziende in rete sono 6mila ma ne prossimi mesi si moltiplicheranno».

Gajo capovolge il significato del contagio così come lo abbiamo conosciuto: «Noi uomini d’impresa dobbiamo essere i vettori di un nuovo contagio, diffondere un modo di fare impresa radicalmente diverso». Ora il suo sogno è quello di creare dei super gruppi capaci di competere sul mercato mondiale. Come mettere insieme la Costan del gruppo Epta della famiglia Nocivelli, azienda bellunese da un miliardo di euro specializzata nella refrigerazione commerciale, con la sua concorrente padovana degli imprenditori Marzaro e Finco, la Arneg, quasi 700 milioni di ricavi.

Entrambi i promessi alleati sono rimasti sulle loro, almeno fino all’esordio del Covid-19. Ma l’homo novus per eccellenza, dixit Gajo, è un imprenditore che per paradosso di cognome fa Del Vecchio. La sua Luxottica è un capolavoro di strategie, visione e altruismo (basta limitarsi al welfare aziendale pre e post Coronavirus). Leonardo Del Vecchio homo novus sembra un gioco verbale di Carlo Maria Cipolla ma a pensarci bene è solo l’ultima rivisitazione della tassonomia imprenditoriale di un merlo, pardon Alcedo, parlante

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