Giacino per tre ore dal magistrato

Verona, le presunte tangenti all’ex vicesindaco. Il Comune affida indagine esterna
Di Daniele Ferrazza
Verona Italy 6/22/2012 cro spettacoli Arena , inugurazione stagione lirica, Giacino foto per Battista Photo by Giorgio Marchiori
Verona Italy 6/22/2012 cro spettacoli Arena , inugurazione stagione lirica, Giacino foto per Battista Photo by Giorgio Marchiori

VERONA. Il sistema Giacino, ovvero 12 euro al metro cubo. Così, secondo le accuse della Procura di Verona, funzionava il meccanismo escogitato dall’ex potente vicesindaco, padron dell’urbanistica dal 2007 al novembre scorso. Per l’ex assessore, tre ore davanti al gip Guido Taramelli, per l’interrogatorio di garanzia. Vito Giacino, l’ex vicesindaco e braccio destro di Flavio Tosi, ha risposto alle domande del magistrato fornendo una propria versione dei fatti. All'uscita né il giudice, né il difensore del politico, l'avvocato Filippo Vicentini, hanno rilasciato dichiarazioni. Vito Giacino è stato arrestato lunedì mattina con l'accusa di concussione, corruzione e abuso d'ufficio. La moglie, Alessandra Lodi, è agli arresti domiciliari.

Secondo le accuse formulate dal sostituto procuratore Beatrice Zanotti, che coordina l'indagine della Procura scaligera, l'ex braccio destro di Tosi avrebbe intascato tangenti per oltre 600 mila euro da un costruttore veronese, Alessandro Leardini, in cambio di favori nelle concessioni edilizie e negli appalti.

Uno spaccato, quello che emerge dall’ordine di custode cautelare, che mostra come il «sistema Giacino» fosse stato declinato in regole precise. L’ex vicesindaco, secondo le accuse, avrebbe instaurato con professionisti e costruttori veronesi una sorta di accordo, con tanto di tariffario per le nuove eficazioni. Per ogni metro cubo edificabile, Giacino avrebbe preteso 12 euro a metro cubo autorizzabile.

Sotto accusa sono sette fatture, emesse dall’imprenditore Alessandro Leardini tra il novembre 2012 e il marzo 2013, che avrebbero fruttato alle tasche di Giacino mezzo milione di euro. Unite a una serie di consulenze legali alla moglie per altri 170 mila euro. Molto circostanziate le accuse, suffragate da lunghi mesi di intercettazioni, riscontri e verifiche investigative: viaggi a Praga, pranzi in località diverse da Verona, biglietti passati di mano nel timore di essere intercettati. Altri imprenditori veronesi avrebbero raccontato ai magistrati come funziona il sistema Giacino.

Per Franco Bonfante, consigliere regionale del Partito Democratico« la giunta Tosi è irrimediabilmente intaccata dal virus dell'inefficienza e dei sospetti, che di certo non si può curare con la minestra riscaldata del rimpasto». Il rimpasto, insomma, non basta. «Pensare che i veronesi - conclude Bonfante - siano governati per altri tre anni da uomini rinchiusi nel loro fortino a strenua difesa di questo sistema di potere, fa accapponare la pelle». Per Tosi l’ex vicesindaco è e resta «un amico»: «Vito Giacino era il mio vicesindaco, era ed è un mio amico, perchè l'amicizia non si rinnega mai, e spero che possa dimostrare la sua innocenza» ha spiegato Tosi, che ieri sera ha partecipato brevemente a un infuocato consiglio comunale. Le opposizioni si sono scagliate duramente contro l’atteggiamento di Tosi, chiedendone ripetutamente le dimissioni per «salvare la città». Ma il sindaco, che ha preso la parola poco dopo le 19, ha tirato dritto: ha invitato tutti a non affrettare decisioni, portato due esempi di politici prima arrestati e poi assolti, definito il Comune di Venezia sull’orlo del dissesto economico, e comunicato la decisione della giunta di affidare al professor Giovanni Sala, ordinario di diritto amministrativo, un’attività di verifica sui principali atti e procedure urbanistiche sotto la lente della magistratura veronese. Poi ha lasciato l’aula. «Tosi sceglie la fuga» ha commentato il capogruppo del Pd Bertucco.Forza Nuova invece ha lanciato manette dalla balconata della sala consiliare gridando «ladri» all’indirizzo della giunta.

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