I tentacoli della camorra barese, 19 arresti

Droga ed estorsioni: finora sconosciuta, l’organizzazione sgominata da Dda e carabinieri agiva sull’asse Puglia-Verona



La camorra barese aveva i suoi tentacoli nel Veronese. Una mafia mai individuata prima d’ora dagli inquirenti nel Nord Italia, che si occupava di far arrivare la droga dalla Puglia nella provincia scaligera. Cocaina e marijuana recapitate settimanalmente in Veneto, nascoste in pacchi che contenevano anche ricambi per le auto. Un’organizzazione capeggiata da un affiliato al clan Di Cosola e che poteva contare su persone contigue al clan, sgominata ieri all’alba con l’operazione coordinata dalla pm Lucia D’Alessandro della Direzione distrettuale antimafia di Venezia ed eseguita dai carabinieri. Diciannove persone arrestate tra Verona e Bari, di cui 11 in carcere e 8 ai domiciliari, come disposto dalla gip Maria Luisa Materia. Al capo viene contestata l’associazione mafiosa finalizzata al narcotraffico e alle estorsioni, mentre gli altri indagati sono accusati al momento di narcotraffico, oltre che di estorsioni, minacce, spaccio al dettaglio.

il clan al nord

Era almeno un decennio che il capo dell’organizzazione, un quarantenne esponente di spicco del clan Di Cosola dove già si occupava di droga, abitava a Verona. La “cellula” della camorra barese era stata ricostruita in Veneto dopo che era stata profondamente fiaccata dall’azione della magistratura là dove era nata, nella zona a nord di Bari. In manette, oltre al capo, sono finiti tra gli altri la moglie, la sorella e il marito di lei, che avrebbero contribuito a tenere le fila dell’organizzazione diversa dalla Sacra Corona Unita, operativa in altre zone della Puglia. La “cellula” era gestita gerarchicamente e tra sodali vigevano regole di mutua assistenza economica. Nel fiorente Veneto, il capo aveva puntato sulla droga. Le indagini hanno permesso di ricostruire un traffico medio settimanale di 1-2 chili di marijuana e 200-400 grammi di cocaina pura tra il 2017 e il 2018. Stupefacente, questo, che veniva piazzato nel Veronese attraverso altri sodali.

i viaggi della droga

Cocaina e marijuana arrivavano al nord attraverso due canali. L’organizzazione poteva contare su alcuni corrieri che viaggiavano in autobus sulla tratta Bari-Verona. Era il capo che si occupava dell’organizzazione di viaggi e biglietti. La maggior parte degli approvvigionamenti avveniva attraverso alcuni artigiani, soprattutto meccanici e carrozzieri, completamente inconsapevoli. A loro venivano recapitati - da spedizionieri anche loro inconsapevoli - pacchi nei quali, assieme ai pezzi per le auto, c’era la droga. Erano costretti a ritirare quei pacchi, succubi del potere intimidatorio suscitato dal capo e delle estorsioni messe in atto da altri sodali. Il gruppo possedeva armi, che però non risulta siano state usate nelle estorsioni. Né che la “cellula” abbia chiesto il pizzo agli artigiani. Le minacce erano anche a carico dei concorrenti stranieri che provavano ad affacciarsi sulla piazza veronese dello spaccio. A far scattare le indagini, la denuncia di un artigiano veronese che a fine del 2016 era stato vittima di una tentata estorsione. Le indagini si sono sviluppate attraverso recuperi di droga, arresti in flagranza, arresti ritardati, sequestri, intercettazioni e pedinamenti. Ma non è finita qui. Gli inquirenti vogliono capire tra l’altro se (e come) i soldi della droga venissero riciclati e se il modus operandi della “cellula” avesse in precedenza preso di mira artigiani che per paura non avevano denunciato. —



Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova