Il diktat del boss D’Antonio «Qui siamo noi a comandare»

Dalle intercettazioni emerge la gestione degli ambulanti di Bibione: controllo totale sulle concessioni
Francesco Furlan

BIBIONE

«Lo gestiamo noi, lo dobbiamo gestire noi, gli altri non devono venire a comandare a casa nostra». Così parlava Pietro D’Antonio, 61 anni, campano di Cercola (Napoli) minacciando chiunque si mettesse tra lui e la gestione del mercato settimanale del Lido del Sole. A Bibione negli ultimi anni – come hanno spiegato ieri il sindaco di San Michele Pasqualino Codognotto e l’assessore al Commercio Annalisa Arduini – tutti avevano capito che era una testa calda, ma nessuno aveva pensato che, quelle insistenze, quelle richieste pressanti, quelle minacce e infine quelle estorsioni, così come le ha qualificate la procura antimafia di Trieste, arrivassero dal capo di un gruppo camorrista che, all’amministrazione, si era presentato come il rappresentante di quegli ambulanti campani che volevano lavorare al mercato pur senza pagare la quota di iscrizione. Disposti, per questo, a dare fuoco al locale della vice-presidente dell’associazione o a mettere un camion di traverso – come hanno fatto – per impedire agli altri ambulanti di partecipare al mercato.



Il vero e proprio dominus del gruppo, come la ha definita la Dia, strettamente legato al clan camorristico Sarno-Licciardi di Secondigliano, come risulta da un’informativa della stessa Dia dello scorso gennaio. In particolare sono finiti sotto la lente degli investigatori i suoi rapporti con Salvatore Rinaldi, un pluri-pregiudicato fratello di Ciro e Gennaro, ritenuti esponenti ai vertici del clan camorristico dell’area di San Giovanni a Teduccio, quartiere dell’area orientale di Napoli. Un quartiere controllato dalla Camorra, dove proprio lo scorso maggio un’operazione della procura di Napoli ha arrestato 37 persone affiliate proprio al clan Rinaldi, Reale, Formicola. D’Antonio, pur a Bibione da tempo, aveva ancora rapporti con il suo quartiere tanto che - come verificato dalla Dia - proprio l’anno scorso aveva offerto una vacanza a Bibione a Salvatore Rinaldi dopo che quest’ultimo era intervenuto per far ritirare una querela per violenza privata presentata nei confronti di un parente di D’Antonio che, essendo una guardia giurata, temeva di poter perdere il lavoro.



Che D’Antonio sia il dominus del gruppo emerge chiaramente dall’attività investigativa della procura di Trieste e della Dia di Padova che ha contestato al gruppo sette episodi estorsivi con l’unico obiettivo di mettere le mani sul mercato settimanale del Lido del sole. E’ lui che, al telefono con Raffaele Biancolino, decide che per dare una lezione alla vicepresidente dell’associazione bisogna bruciarle il locale, anche se poi non lo faranno. E’ lui che decide di mettere il camion di traverso per impedire l’accesso agli ambulanti dopo che l’associazione ha deciso di estromettere i campani perché non pagano la quota annuale. È lui a organizzare la spedizione punitiva nei confronti di Pasquale Schiavone, un ambulante colpevole di aver detto che, quelli del suo gruppo, gli copiavano i giubbotti. Ed è sempre lui a tenere i rapporti con il presidente locale dell’Ascom, Giuseppe Morsanuto e che secondo la procura li avrebbe agevolati. Non un semplice favoritismo, secondo la procura.



Dice D’Antonio in una conversazione intercetta a fine luglio con Gennaro Carrano, parlando del rappresentante della Confcommercio: «Allora, o non si fa il mercato, o lo gestiamo noi, basta! Altrimenti quando arrivano i voti, non avrà più nemmeno un voto, glielo diciamo da adesso, da parte nostra». Ma c’è un altra conversazione che rende la cultura mafiosa di D’Antonio. Riferendo al telefono di un colloquio avuto con la Dolci, racconta : «O ci lasci i mercati a noi, i mercatari a noi e comandiamo noi, o ti faccio saltare il mercato! Ha detto lei (riferendosi a Stefania Dolci): “Fate quello che volete, non mi fate paura”. Lei ci sfidava, hai capito? ... “Se volete aprire, aprite!” dissi io “Perché io non ci posso dire non aprite, però se aprite siete nemici miei dopo”. Proprio così gli dissi! Si sparse la voce, se ne andarono tutti quanti, non aprì nessuno più! Hai capito?».



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