«Il gettito fiscale resta al Veneto ma non è la secessione dei ricchi»

Giovanardi: in 15 anni abbiamo trasferito alle altre regioni 250 miliardi come perequazione
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 05.03.2019.- Consulta del Veneto per l'autonomia. Regione GRandi Stazioni.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 05.03.2019.- Consulta del Veneto per l'autonomia. Regione GRandi Stazioni.

VENEZIA. Il cuore dell’autonomia è la norma finanziaria, che consente alle Regioni di trattenere parte del gettito fiscale o una riserva di aliquota. Quando hanno letto la bozza, i parlamentari del Sud e il ministro Barbara Lezzi hanno sferrato l’attacco contro Zaia e Fontana e la “secessione dei ricchi” che si trattengono le tasse e non alimentano più il fondo della perequazione. Come stanno le cose? Dopo la relazione di Maurizio Gasparin, che ha illustrato nei dettagli le 23 materie al centro del negoziato, ha preso la parola il professor Andrea Giovanardi, il vero “ministro ombra delle Finanze” del Veneto, impegnato nel faccia a faccia con la Ragioneria dello Stato e il Mef. Partita tutt’altro che chiusa proprio perché manca ancora la clausola di garanzia. Cosa significa? Che il Veneto vuole proteggersi dal rischio del minor gettito fiscale, nel caso in cui le aliquote scendano dal 43% al 25% con la Flat tax, parte integrante dell’accordo di governo voluto dalla Lega.

Il rischio flat tax

Giovanardi ha spiegato nei dettagli i risultati ottenuti. «Il dibattito è viziato da false notizie, l’Italia è già divisa tra la serie A e la serie B. Il Veneto negli ultimi 15 anni ha registrato una crescita del Pil pari a 45 miliardi e ne ha versati 250 come trasferimenti all’Italia, pari al 179%. Il trend dell’Emilia è del 178% e quello della Lombardia arriva al 216%. Tutto il Sud è cresciuto meno di chi oggi chiede l’autonomia: la Sicilia registra un incremento di 17 miliardi del Pil e ne ha incassati 90 miliardi dalla perequazione». Giovanardi rispiega in altre parole il nodo del residuo fiscale, che resta il cuore della richiesta del federalismo della Lega: le tasse debbono restare nel territorio che le ha prodotte, senza intaccare però il principio di solidarietà, ha predicato Bossi. Ora si passa dalle parole ai fatti.

Si parte con il trasferimento della spesa storica e, come ha spiegato il ministro Erika Stefani, cambia solo la competenza di cassa dal Mef alla Regione ma nel giro di tre anni dovranno essere determinati i fabbisogni standard per razionalizzare la spesa con un risparmio di 30 miliardi di euro. Sarà davvero così?

Lo stop del Parlamento

Se la politica va a rilento, ha precisato il professor Giovanardi, e non si passa ai costi standard, le risorse da assegnare alla Regione non saranno inferiori al valore medio nazionale procapite. E qui per il Veneto, la Lombardia e l’Emilia saranno affari d’oro, visto che soffrono di un deficit strutturale perché sono quelle che meno ricevono dallo Stato con il criterio della spesa storica introdotta dal ministro Stammati. Il riequilibrio sarà automatico e in ballo ci sono almeno 5 miliardi per Zaia e Bonaccini e almeno 12 per Fontana. Ecco perché il Sud ha gridato alla secessione dei ricchi.

Con i fabbisogni e i costi standard il vantaggio arriverà dall’efficienza dei servizi. Chi sta sotto la media si potrà trattenere le risorse del gettito fiscale che non va più dirottato al Mef. Il Veneto chiede anche di gestire come tributo proprio la tassa automobilistica, l’accisa del gas naturale e un fondo per ridurre il costo della benzina ai confini con l’Austria, per la felicità di chi va in montagna a sciare a Cortina. «Non ci possono accusare di voler sfasciare l’Italia, abbiamo rinunciato al residuo fiscale e si parte con la spesa storica. Poi sarà la commissione paritetica Stato-Regioni a fissare le quote di compartecipazione al gettito» hanno concluso i professori Giovanardi e Stevanato. Quali rischi corre il Veneto? Se il Pil cresce le risorse saranno maggiori, in caso di crisi come nel 2008-9 si dovrà tirare la cinghia.

L’iter legislativo

Il professor Mario Bertolissi si è poi soffermato sull’iter legislativo. «Si chiude una fase storica avviata trent’anni fa. Ci siamo comportati bene. Abbiamo applicato l’articolo 116 della Costituzione e la procedura può essere utilizzata da tutte le regioni, ma non sono tollerabili i veti di chi vuole sbarrare la strada alle legittime richieste del Veneto, sostenute dal referendum del 2017». Bertolissi cita il ministro Livio Paladin, che già nel 1976 aveva fotografato regioni di serie A e di serie B, ora la distanza si è allargata e il federalismo può essere la strada per tagliare il deficit pubblico. Poi l’affondo finale. L’articolo 116 della Costituzione non prevede una procedura legislativa ordinaria perché si tratta di un’intesa tra due governi: il Veneto e la Repubblica italiana. Ben venga la discussione del Parlamento alla luce del sole, allora capiremo chi vuole davvero l’autonomia». —

Albino Salmaso

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