«Il pericolo? I modelli di marca fatti in Cina»

PADOVA . «La produzione per il nostro settore è stabile, l’importazione dalla Cina mette in difficoltà il mercato». Diego Pertile, artigiano vicentino di Cassola, ai confini con le province di...

PADOVA . «La produzione per il nostro settore è stabile, l’importazione dalla Cina mette in difficoltà il mercato». Diego Pertile, artigiano vicentino di Cassola, ai confini con le province di Treviso e Padova, ha fondato nel 1999 la Univer Telai, con la moglie Romina e due dipendenti.

I suoi telai per bici in fibra di carbonio, alluminio e acciaio li puoi trovare appesi nei negozi storici delle capitali europee come il Condor Cycles di Londra e Pasculli di Berlino.

Ma complice la globalizzazione e le scelte dei ciclisti, la produzione artigianale di qualità è bassa: «Con il mercato italiano si lavora molto poco, la maggior parte dei ciclisti vuole la bici di marca fatta in Cina». Con prezzi sicuramente inferiori.

Dopo la scuola Pertile ha cominciato a lavorare nelle fabbriche di bici della zona, lì è nata la passione per le due ruote, e ha deciso di mettersi in proprio.

«Realizziamo telai con tubi comprati rigorosamente in Italia, ma in questo modo si alzano i prezzi e non si può fare concorrenza alla Cina – ha proseguito ancora Borile, 46 anni -. All’inizio producevamo per le grandi case, ma poi hanno preferito andare a comprare fuori dall’Italia. Così oggi riforniamo piccoli negozi di biciclette in giro per Europa e da un po’ negli Stai Uniti».

La quasi totalità della produzione va così oltre confine: Germania, Inghilterra, Belgio, Spagna, Austria, Svizzera e San Diego. Un mercato elitario, per appassionati delle due ruote. I telai per la maggior parte sono per bici da corsa, ma non mancano ordini per la mountain bike e le bici Gravel, quelle ibride per vari terreni. «Per la bici elettrica si sta muovendo il mercato, ma anche qui le commesse non vanno agli artigiani, che non riescono a starci dentro con i numeri e costi», conclude l’artigiano Borile (n.br.)

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