Il prof Gregori: «I contagi aumentano, ma l’onda non sta crescendo grazie alle chiusure di gennaio»

PADOVA. Le strette e gli allentamenti passano soprattutto dalla matematica, dalla capacità di “leggere” le curve, anticipando il futuro e muovendosi di conseguenza. Lo studio dei diagrammi è divenuto uso comune, ma è quello che fa professionalmente da un anno Dario Gregori, responsabile dell’unità di Biostatistica, epidemiologia e sanità pubblica dell’Università di Padova.
Professore, i contagi sono tornati a salire. Stiamo entrando nella terza ondata?
«Direi di no. Da ottobre stiamo vivendo un’unica “onda” che è cresciuta rapidamente fino a dicembre. Poi, con il funzionamento delle misure di contenimento, la curva ha iniziato a stabilizzarsi, soprattutto per i ricoveri in area medica e in Terapia intensiva. Adesso ci troviamo in una situazione relativamente stabile, persino in lieve decrescita, considerando i posti letto occupati in Rianimazione, che rimangono però sempre a livelli importanti».
Ma i contagi aumentano…
«Sì, ma l’onda non sta crescendo, semplicemente si sta esaurendo la fase di contenimento e stabilizzazione di cui abbiamo goduto tra gennaio avanzato e febbraio. A novembre, negli ospedali del Padovano c’era una quarantina di persone in Terapia intensiva, una novantina a fine dicembre, mentre ora siamo intorno alla trentina».
C’è il rischio di tornare ai livelli di fine dicembre?
«Difficile dirlo, perché sono diverse le variabili in gioco: le mutazioni del virus, la campagna vaccinale, il rispetto e l’efficacia delle misure di contenimento. L’obiettivo è quello di tenere le cifre sotto controllo, soprattutto delle Terapie intensive. La “botta” nelle Rianimazioni generalmente segue di una decina di giorni l’aumento dei ricoveri nei reparti non critici».
Vista la vaccinazione degli ospiti delle case di riposo e, in parte, degli “over 80”, possiamo pronosticare che i decessi non torneranno a salire?
«Speriamo che sia così, ma non trascuriamo che anche tra le altre fasce di età il numero delle vittime non è banale. Lo spartiacque è quello dei 65 anni, ma il ruolo giocato dalle co-morbilità è altrettanto rilevante. Mantenendo il sistema sotto controllo, l’effetto a catena che osserveremo sui decessi sarà proporzionato, quindi non mi aspetto situazioni di particolare attenzione».
La “curva” del Veneto è anomala, costruendosi su un’impennata e un calo altrettanto brusco. L’arrivo delle varianti è la spiegazione?
«È vero, considerando soprattutto le Terapie intensive, il Veneto è stato caratterizzato da cambiamenti estremamente rapidi e importanti. Ma non riesco a dire se il motivo consista nelle varianti o in una capacità gestionale del paziente particolarmente efficace».
A questo proposito, sorprende la percentuale elevata di pazienti che finivano in Rianimazione durante la prima ondata…
«Perché ora i medici hanno capito come gestire i pazienti, con che modalità e secondo quali tempi trasferirli nei vari livelli dell’assistenza, dalle aree mediche, alla subintensiva, fino all’intensiva. La capacità di lettura ha fatto enormi passi in avanti nel corso dei mesi e ora siamo molto più preparati rispetto a un anno fa».
Qual è la sua previsione per l’immediato futuro?
«A marzo, mi attendo un mantenimento della situazione o, al massimo, un peggioramento, ma non drammatico. Questo, confidando nella responsabilità delle persone. Ricordiamo che a febbraio 2020 è stata sufficiente una domenica sulla neve per provocare una “botta” di casi devastante. Spero in un miglioramento dopo Pasqua o, quantomeno, non in un peggioramento».
La risposta sono i vaccini?
«Le misure di contenimento hanno funzionato, consentendoci di arrivare in “zona vaccini”, ma adesso bisogna farli. Usciremo da questa situazione solo con una capillarizzazione delle operazioni vaccinali, perché i sistemi di contenimento possono reggere solo per periodi di tempo limitati. È da un anno che siamo sotto stress e credo che nel medio periodo queste misure saranno mantenute con sempre maggiore difficoltà. Il vaccino è la soluzione che ci indica la strada da battere».
Ci attendere un’estate come quella del 2020?
«Spero molto più felice, con un gran numero di persone vaccinate, tra cui soprattutto i nostri nonni. L’errore che è stato fatto da tutti, l’estate scorsa, è stato quello di pensare che fosse passato tutto e che al calo estivo corrispondesse la scomparsa del virus. E invece abbiamo scoperto sulla pelle di tutti che non è stato così. Se guardiamo la curva dei decessi, la seconda ondata ha fatto molto più male della prima, essendo durata di più». —
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