Ilaria Capua lascia la Camera è pronta a votare le dimissioni

La deputata eletta con Monti dal 16 giugno vive in Florida. Inchiesta bloccata per 8 anni
MALAGOLI - CONVEGNO PER ILARIA CAPUA - ILARIA CAPUA
MALAGOLI - CONVEGNO PER ILARIA CAPUA - ILARIA CAPUA

PADOVA. Si è dimessa da deputata lo scorso maggio ma la Camera ne prenderà atto solo oggi, con tre mesi di ritardo. Ilaria Capua, la scienziata padovana che ha lasciato la politica e l’Italia “per sfuggire alla macchina del fango” (parole sue), ha ottenuto di essere presente alla discussione e al voto previsti in questi casi, ma prima di oggi le era impossibile. Motivi di lavoro: dal 16 giugno vive in Florida, dove ha vinto una cattedra. Il suo è un singolare ritorno di cervello in fuga e di parlamentare in trasferta pagata dallo Zooprofilattico di Padova (all’elezione ha optato per mantenere lo stipendio di partenza che era più alto), in un caso lacerante di malagiustizia della quale si proclama vittima.

Ma non tutto quadra in questa ricostruzione. Non risulta per esempio che la scienziata padovana, inquisita per traffico clandestino di vaccini contro l’influenza aviaria, sia stata “prosciolta perché il fatto non sussiste”, come mezza Italia, solidarizzando con lei, continua a ritenere. Con molto ritardo salta fuori il testo integrale della sentenza di Verona, finora citata a orecchio si deve presumere, in cui si legge che alcuni dei reati contestati alla Capua “sono estinti per intervenuta prescrizione”.

Si tratta di “tentata concussione per induzione nella nuova formulazione di cui all’articolo 319 quater c.p. o di tentata corruzione verosimilmente non andata a buon fine per l’indisponibilità dei vertici olandesi della società Intervet”. Se il reato è prescritto, significa che la magistratura è andata oltre i tempi concessi per contestarlo, non che il reato non esistesse. Non è differenza da poco.

Chi ha perso tempo è il pm di Roma Giancarlo Capaldo, che nel 2006 apre un fascicolo su indagini dei Nas (procedimento n.24117/06), il 2 luglio 2007 interroga la Capua che si era presentata con l’avvocato Oliviero De Carolis e poi lascia dormire l’inchiesta fino al 31 ottobre 2014, quando chiede il rinvio a giudizio per 33 persone. Ci sono dirigenti del ministero della sanità, tecnici, imprenditori. Tra di loro anche la Capua, responsabile del laboratorio di virologia dello Zooprofilattico. L’assunto è che abbia collaborato alla cessione clandestina del virus H7N3 alla ditta Merial spa, una delle multinazionali di vaccini per animali, da cui sarebbe partito il contagio.

Le conseguenze per Ilaria Capua, nel frattempo eletta in parlamento con Mario Monti, sono devastanti: la scienziata si trova imputata anche di tentata strage, perché 7 allevatori erano risultati positivi al virus. Ma il 15 maggio 2015 il Gup di Roma si spoglia dell’inchiesta, la spacchetta e la trasmette per competenza alle procure di Padova, Pavia e Verona.

La sentenza di Verona, firmata dal gip Laura Donati il 5 luglio scorso, è l’unica finora pronunciata sulla vicenda. Riguarda la Capua e alcuni dei 33 imputati. La prova della concussione, scrive il gip Donati, sta “nelle conversazioni che si sono svolte nel periodo 28 marzo 2006 e 7 marzo 2007 tra Capua e Marangon e Capua e Meini della Intervet (…) significative per ritenere che siano state esercitate effettivamente pressioni sulla società olandese per la cessione alla stessa del test discriminatorio Diva”.

Stefano Marangon era uno dei responsabili dell’Istituto Zooprofilattico, che avrebbe beneficiato con la Capua degli utili se la trattativa con Amelio Meini dirigente della Intervet fosse andata in porto. Ma le indagini svolte a suo tempo non consentono oggi di stabilire come sia andata di preciso, perché le circostanze erano “rese dalle persone interessate alla buona riuscita dell’accordo illecito” oltre ad apparire “estremamente generiche e francamente contrastanti con il tenore delle conversazioni riportate nell’informativa finale 21.01.2009 del Nas di Roma”. Sarebbe stato necessario andare al contraddittorio tra gli imputati. In tempo utile, naturalmente, non arrivare a Verona con il reato prescritto.

Crolla invece l’ipotesi di tentata strage conseguente alla “spregiudicata importazione o esportazione clandestina di ceppi virali di influenza aviaria altamente patogeni”: manca l’elemento soggettivo del reato, “il fatto non sussiste”, scrive il gip Donati.

Stessa formula per le imputazioni a carico di Richard John William Currie, marito di Ilaria Capua, che intratteneva rapporti di lavoro con lo Zooprofilattico: “ Le somme di denaro elargite a Currie dall’Istituto trovano giustificazione in un rapporto di consulenza oggetto di specifica convenzione datata 23.3.2007 che indica i compensi convenuti compatibili con le somme percepite e documentate”.

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova