Inchiesta sul Covid a Bergamo: avvisi di garanzia a Conte, Speranza, Brusaferro e altri

Chiuse le indagini per cui fu consulente della Procura il professor Andrea Crisanti 

L'Ospedale Fenaroli di Alzano Lombardo in quarantena, Bergamo, 23 febbraio 2020 (Ansa)
L'Ospedale Fenaroli di Alzano Lombardo in quarantena, Bergamo, 23 febbraio 2020 (Ansa)

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato la Bergamasca con oltre 6 mila morti in più rispetto alla media dell'anno precedente, la Procura ha chiuso l’inchiesta per epidemia colposa e a notificare l'avviso di chiusura.

Il procuratore aggiunto di Bergamo Cristina Rota con i pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino, sotto la super visione del Procuratore Antonio Chiappani, hanno tirato le somme di una indagine con cui si è cercato di far luce e individuare le responsabilità, eventuali o meno, di quella tragedia che ha lasciato una profonda ferita.

Tra gli indagati figurano l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e l’ex assessore al Welfare Giulio Gallera. Nell’atto che chiude le indagini ci sono anche il presidente dell’Istituto Superiore della Sanità Silvio Brusaferro, l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrellli e il presidente dell’Istituto Superiore della Sanità Franco Locatelli. In tutto gli indagati sono una ventina.

Si tratta di un’inchiesta per cui è stato consulente della Procura della Repubblica anche il professor Andrea Crisanti, microbiologo dell'Università di Padova e ora senatore del Pd. 

Al di là del numero degli indagati, di cui ora sono noti solo alcuni nomi, e dell'eventuale invio di alcuni filoni ad altre Procure, gli accertamenti hanno riguardato tre livelli, uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale.

Nel mirino degli inquirenti e degli investigatori della Guardia di Finanza sono finiti non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell'ospedale di Alzano chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano e i mancati aggiornamento del piano pandemico, fermo al 2006, e l'applicazione di quello esistente anche se datato che comunque, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la trasmissione del Covid.

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