La Padova romana emersa a fine ’800 ora si vede al museo Archeologico
Proposto al pubblico un tesoro dimenticato: corredi di monumenti funerari e oggetti ritrovati durante i lavori per la realizzazione di corso del Popolo. La soddisfazione dell'assessore Colasio per il recupero di alcune sale che erano adibite a magazzino. "Ora - dice - dobbiamo recuperare anche gli spazi sotterranei che ospitano i resti di palafitte dell'ottavo secolo avanti Cristo e mostrare ai ragazzi i primi passi della nostra città"

PADOVA. Alla fine dell’Ottocento, quando l’amministrazione dei popolari che governa la città per 12 anni realizza il rettifilo di corso del Popolo e lancia il grande ponte sul Piovego, l’archeologo Luigi Busato a capo del Civico Museo prima di Andrea Moschetti, mettendo il naso negli scavi nell’area della stazione ferroviaria, oggetto di un consistente ampliamento, individua un’estesa necropoli di cui ancora oggi si ignorano i confini. E qui vengono alla luce, tra il 1877 e il 1879 alcuni monumenti funerari ed una serie di corredi: piatti coppe, brocche, bicchieri, lanterne, fibule per fermare le vesti.
La grande necropoli ha un impiego più plebeo o, se vogliamo, borghese, rispetto a quella, splendida, nell’area di Santa Giustina. Si tratta alla fine di due grandi poli funerari: a sud tra Prato della Valle e Pontecorvo, all’ombra della basilica, trova sepoltura l’aristocrazia di Padova romanizzata, segnata anche dalla presenza del teatro intitolato a Zairo; a nord tombe più modeste che fanno emergere le abitudini quotidiane dei cittadini di Patavium tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo. Sono state trovate pedine di vetro bianche e nere per il gioco, serrature e chiavi e un’interessante oggettistica legata al mondo femminile: balsamari per i profumi, specchi, pinzette, perle di vetro. Di grande interesse la tomba di famiglia dei Cartori, volti di pietra su due file, a destra la matrona, sotto i figli. I Cartori sono i mattonari del tempo, fabbricano laterizi, commercializzati con il loro marchio. Il monumento è accompagnato da una maledizione sul capo di colui che violerà la tomba. Sarà un caso, ma il Busato muore a 37 anni. Figura eccezionale per passione e perizia, questo Busato, registra i ritrovamenti con precisi disegni. Tra i reperti un’erma in calcare, il dio Hermes esercita la funzione di psicopompo, accompagna le anime nel mondo dell’aldilà, ma qui, interessante variazione su tema, c’è la testa di Dioniso. L’esposizione è stata illustrata ieri nella Sala dei Mosaici dal responsabile del Museo Archeologico, Gerolamo Zampieri e da Francesca Veronese che ha curato le sale allestite sulla Via Annia.
Nella stessa sede c’è uno straordinario corredo funerario che proviene dalla necropoli romana ad oriente della città. Uno scavo realizzato nel 1997 dalla Soprintendenza tra le vie Gattamelata e Giustiniani porta alla luce una tomba: c’è un anello spezzato, alcune lanterne e una magnifica bottiglia di vetro decorata con la tecnica a balze e contro-onde detta a rete di serpente. Questo capolavoro in vetro soffiato è uno dei tre esistenti al mondo: una moneta con l’effigie di Domiziano ne permette la datazione, più antica di quella degli altri due, trovati a Begram, in Afghanistan, in una delle stanze della residenza dei re indo-sciti Kushana. Non si sa da dove provenga il vaso.
La fabbricazione potrebbe essere siro-palestinese o di Alessandria d’Egitto, ma sappiamo anche che esisteva la vetreria di Ennieno ad Aquileia. Il che ci collega con la via Annia, la strada romana che struttura il nord-est procedendo da Adria ad Aquileia. «L’esposizione sulla via Annia - dice l’assessore Andrea Colasio - ha fatto da apripista, ha dato più spazio, anche se non basta ancora, al Museo archeologico e quindi ha reso possibile mettere in vetrina anche questi pezzi dell’antica Patavium completamente dimenticati, nascosti. Queste sale, infatti, erano adibite a magazzino, deposito di lacerti tanto preziosi quanto invisibili. Dobbiamo anche recuperare gli spazi sotterranei che ospitano i resti di palafitte dell’ottavo secolo avanti Cristo e mostrare ai ragazzi i primi passi della nostra civiltà».
Ogni museo toccato dalla strada romana (Adria, Concordia Sagittaria, Aquileia) annovera reperti individuati lungo i 200 chilometri di strada, ma quello di Padova ne rappresenta tutto il percorso con monumenti eccezionali come quello di Ostiala Galliena o del centurione. E’ entrato in funzione, in questi giorni, uno screen-touch sulla via Annia con alcune schede di approfondimento destinate agli studiosi, ma la presentazione complessiva con i soldati che spaccano le pietre e montano il basolato, con i carri di buoi carichi di lastre, con le livelle e i fili a piombo del tempo, ha una carica emozionale trascinante per i più giovani.
Con gli 8 euro del biglietto per la mostra di Lotto, Ribera e Caravaggio, in questo periodo si possono visitare anche il museo Archeologico e la quadreria.
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