La perla dei campi veneti nascosta nel mais

CASTELFRANCO. Il mais, il cibo dei poveri per eccellenza, il cibo dei contadini mezzadri, dei braccianti, dei bisnenti del secolo scorso e di quelli precedenti, il cibo che provocava la pellagra (se si mangiava solo quello), in realtà è un prodotto agricolo con infinite varietà e ricche qualità organolettiche. Un prodotto che negli ultimi decenni è stato sfruttato come alimento per animali, macinando pannocchia e pianta insieme. Un prodotto da cui si ricavano olio e mangimi, utilizzabile in molti segmenti della filiera agroalimentare, che garantisce altissima produttività per ettaro, che si presta a una coltivazione estensiva e industriale e per questo esposto più di altri all'assalto della speculazione, della chimica e della genetica, in altre parole un organismo geneticamente modificabile con prospettive di ottimi profitti.
Ma soprattutto il mais coltivato in Veneto è quasi esclusivamente un ibrido che risponde alle richieste del mercato animale, mentre esistono delle qualità tipiche della nostra regione che hanno caratteristiche peculiari da preservare: il Biancoperla trevigiano e il Marano vicentino. Per la salvaguardia del primo è nata l'Associazione Conservatori Mais Biancoperla cui aderisce meno di una decina di agricoltori attenti delle province di Treviso e Venezia, ma anche l'Ipsaa di Castelfranco, la tenuta Ca' Tron, i Produttori biologici veneti, e il Molino Favero di Camin. A far nascere l'associazione hanno contribuito anche Veneto agricoltura e soprattutto l'Istituto di Genetica e sperimentazione agraria “Strampelli” di Lonigo dove è stata istituita la banca del germoplasma che custodisce e preserva le sementi di un'enorme varietà di piante a rischio estinzione.
«L'associazione che non ha scopo di lucro si prefigge la valorizzazione e la tutela di questa varietà di mais a impollinazione libera, un tempo molto diffusa in Veneto, e da cui si ottiene un prodotto dalle caratteristiche uniche» spiega Renato Ballan, ex insegnante ed ex dirigente dell'Ipsa si Castelfranco, ora agricoltore di nicchia «Il Biancoperla con la sua granella vitrea non ha produzioni paragonabili all'ibrido come quantità per ettaro, ma la minor resa è ampiamente compensata dalla qualità della farina che dà una polenta bianca squisita, in passato particolarmente apprezzata, mentre la gialla era riservata agli animali». Come per ogni pianta, la conservazione del biancoperla risulta della massima importanza per il mantenimento del patrimonio vegetale e di biodiversità del territorio. «La conservazione della diversità genetica delle colture, come la salvaguardia delle piante e degli animali selvatici, deve essere vista come una delle possibili strategie per consentire uno sviluppo agricolo sostenibile e maggiormente conservativo delle risorse» spiega la presentazione degli Interventi della tutela delle specie cerealicole del Veneto dello “Strampelli”. In un mercato in cui la diversità è stata sostituita dall'uniformità dei prodotti e dei sapori, un programma per favorire lo sviluppo di produzioni tipiche regionali e specializzate per “diverse food crops” (fao 1996) potrebbe agire come stimolo positivo verso gli agricoltori a coltivare popolazioni locali, vecchie varietà o altre specie vegetali con peculiari caratteristiche qualitative oggi poco utilizzate. L'obiettivo a breve termine è di preservare la specie, a medio e lungo di assicurare una vita autosufficiente economicamente. La promozione di un prodotto di qualità seppure legata a produzioni di nicchia può costituire una possibilità economica concreta per le aziende agricole, specie quelle marginali. In tali aree si concorrerebbe quindi a un miglioramento dei redditi degli agricoltori, favorendo la permanenza della popolazione rurale nelle zone suddette e ora soggette ad abbandono, e al mantenimento della ruralità del territorio stesso con un ruolo di conservazione e tutela ambientale. Perciò viene giudicata utilissima la collaborazione e la creazione di una filiera di sviluppatori formata da agricoltori, trasformatori, ristoratori e agriturismi.
Gli agricoltori ci sono, i trasformatori pure, ma sono una rarità, necessario allora il sostegno dei ristoratori e di chi è più sensibile a questi argomenti, come Slow food. Non a caso è nato il presidio del Biancoperla della Castellana e «non a caso la condotta Slow food castellana insieme a Osterie d'Italia e del Veneto ha bandito il primo concorso culinario di Slow food, riservato a chef under 35» spiega Sanzio Folli, ex presidente della condotta. Le domande e le ricette vanno recapitato alla condotta Slow food della castellana entro il 31 gennaio, via posta e mail. Tra queste verranno selezionate le 12 che convinceranno la giuria per la prova pratica che dovrà avere, come la ricetta inviata, il mais Biancoperla come ingrediente non marginale della stessa. Il regolamento è rintracciabile nel sito della condotta: «Interpretazione del mais Biancoperla presidio Slow food in una ricetta a scelta tra antipasti, primi, secondi e dessert. Il mais Biancoperla sarà messo a disposizione dalla condotta e dovrà essere protagonista tra gli ingredienti principali, tutti di stagione, dei piatti realizzati». (giorgio sbrissa)
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