La top manager Bramezza e i 4 mila euro contestati

VENEZIA. Prima spina nel percorso di Ilaria Bramezza, la “lady di ferro” trevigiana che Luca Zaia ha chiamato a succedere a Luca Belletti nella carica di direttore generale della Regione. L’intensa...

VENEZIA. Prima spina nel percorso di Ilaria Bramezza, la “lady di ferro” trevigiana che Luca Zaia ha chiamato a succedere a Luca Belletti nella carica di direttore generale della Regione. L’intensa carriera della manager ha alternato impegni nel settore pubblico - è stata, tra l’altro, city manager del Comune di Venezia retto dal sindaco Paolo Costa e poi direttrice del Casinò lagunare - a iniziative imprenditoriali private. Come quella, nel 2010, che la vide artefice, insieme all’amica Francesca Ladisa, di un progetto commerciale a Treviso denominato “Luxury Swapping” consistente nell’apertura di uno store specializzato nel baratto scambio di marchi di lusso, vestiario e accessori in primis; una moda importata da Manhattan con alterno successo tra gli utenti nostrani.

La paternità femminile dell’impresa spinse Bramezza a chiedere, con successo, il contributo regionale previsto per l’imprenditoria rosa; 34 mila euro, nella circostanza, condizionati però ad una durata dell’attività almeno quadriennale: l’impegno nello “swapping” della futura primadonna del Balbi si fermò invece a due anni e ciò ha spinto l’avvocatura regionale - ironia della sorte - a richiederle la restituzione di parte dei quattrini, 5 mila euro per l’esattezza. Imbarazzante, già. Richiesta di un commento, Ilaria Brameza, sceglie un cortese silenzio.

Palazzo Balbi, invece, fa sapere che la delibera di Giunta che le affidava l’incarico (era il 9 giugno) prevedeva una specifica norma cautelativa: «L’efficacia della presente nomina», si legge «è condizionata alla verifica dei requisiti di legge come dichiarati nel curriculum vitae, nonché alla presentazione della dichiarazione di insussistenza delle cause di inconferibilità e incomptabilità previste dal decreto legislativo dell’8 aprile 2013, n. 39». In altre parole, all’atto di conferirle l’incarico, Zaia chiese un parere di conformità all’Avvocatura e quest’ultima, “titolare” del procedimento “Luxury e quindi perfettamente a conoscenza dei risvolti amministrativi e contabili della vicenda, rispose al quesito attraverso una lettera dell’avvocato coordinatore Ezio Zanon che non esprimeva alcuna riserva poiché nel frattempo Bramezza si era ritirata da ogni incarico nella società beneficiaria del finanziamento (peraltro posta in liquidazione) e non era più, quindi, parte in causa, né, ancor meno, “controparte” in un contenzioso, trattandosi di un semplice procedimento di natura amministrativa. Resta un dubbio: chi restituirà i fatidici 4 mila euro?

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